Incontro Ex Allievi a Roma :: Venerdi

da | 14/10/2007 | INCONTRI & COLLOQUI | 0 commenti

Venerdi – 06/07/2007

Quello che é piaciuto più di tutto é stato rendersi conto che tutta quella gioventù che all’epoca era qualcosa di solamente potenziale, oggi si é evoluta in tanta brava gente, ma veramente tanta e veramente brava gente…

Rinaldo Pagano

MATURITÀ 1969, SSB

Arrivo a Ciampino

Diego, Diego… Sento fare il mio nome ma non vedo nessuno che conosco anche perché é la Kikka che mi viene a prendere, quindi resto dove sono e aspetto il solito miracolo del cellulare : prima o poi qualcuno chiamerà.. Sono sul marciapiede proprio sotto all’entrata “PARTENZE” di Ciampino e sono appena sbarcato dall’aereo che mi ha portato a Roma in provenienza da Bruxelles, dove vivo e lavoro da più di trent’anni. Appena sbarcato avevo già acceso il cellulare e m’erano piombati addosso trentasette sms della Kikka che mi domandava se ero in orario e dove sei e quanto ci metti e quanto la fai lunga, ecc.

Non faccio neanche in tempo a finire di leggere l’ultimo sms che mi chiama la Kikka, sull’autobus che mi deve portare al terminal : Si, sono arrivato… no, sono ancora sull’autobus… a sinistra una volta uscito dal terminal… va bene, ti aspetto li. L’autobus non si muove neanche di un centimetro e secondo me i minuti italiani sono molto più corti di quelli di Greenwich che riecco la Kikka : Si, sono sempre sull’autobus… (il mio vicino di autobus incomincia a guardarmi male) no, non si é ancora mosso.. tu sei alla destra della mia sinistra (problema serio questo!)… non ti sento tanto bene Kikka.. si, ti aspetto li, ciao.

Diego, Diego Friso.. Ohé ma questo é il nome mio ma non riesco a riconoscere nessuno delle persone che mi vengono incontro correndo e sorridendo : ma si che lo riconosco, é Don Caputa (senza la tonaca avevo fatto fatica a capire che era lui) c’é anche Masedu (Don anche lui) ma senza l’occhiale anni sessanta e ci abbracciamo cantando e saltellando come dei bambini. Suona il cellulare, é la Kikka che mi chiama e sta sventolando la mano con altre due persone poco distanti da dove siamo : Don Bedon, Don Scudu, la Bruna (capello cortissimo anni trenta, tipo spazzolone del cesso) e la Kikka. Altro salto altra gioia altro tutto, insomma.

Renault Scenic, cambio a sei marce e 9 posti letto, guida la Kikka e io mi ritrovo sul sedile in bagagliaio con la Bruna e il cane, femmina ferocissima (il cane non la Bruna) di 25 cm di lunghezza su 10 di altezza e su 3 di spessore, con tutti i bagagli mio compreso. Don Bedon tiene il Navigatore e da le indicazioni esatte alla Kikka che si ritrova dopo mezz’ora a domandare dove siamo perché il navigatore dice, CON LA SOLITA VOCE FEMMINILE, “fra 250 metri prendere la seconda a sinistra” e noi siamo su un tratto praticamente autostradale senza svolta a sinistra n; a 250 metri, né a 250 km!!

La Kikka tira via il navigatore dalle mani di Don Bedon e lo da a Don Caputa che lo ripassa a Masedu e finalmente le cose migliorano un pochettino : con l’arguzia tipicamente sarda siamo praticamente arrivati “senza nessun sforzu” dopo aver telefonato circa ventisette volte al proprietario del ristorante per le ultime e decisive indicazioni, a momenti ci mandava a quel paese che a Roma viene anche tradotto “ma va’ morì ammazzato, ‘a stronzo”..
La Bruna, Scudu, Masedu ed io intanto ce la raccontiamo in lungo ed in largo (tanto avanza tempo a bizzeffe con tutti quei “avanti e indietro”) e così sappiamo più o meno tutto di tutti e siamo arrivati al Ristorante, finalmente.

Al Ristorante

Troviamo Ralph e Giovanni Dot Com, detto anche Marradi, ad aspettarci in cima alle scale e altri abbracci e “tu chi sei”.. come “chi sono”.. sono Diego, l’unico Diego della scuola di Beirut (sissignori, ho anche questo Guinness record, se non vado errato). Ralph ed io giocavamo a pallacanestro, oops, volevo dire “basketball” e ci mettiamo subito a raccontarci i soliti “ti ricordi quando io feci canestro con un braccio legato dietro la schiena, un panino fra le gambe e con un piede a 180 gradi rispetto al polo Nord??”. No, hai ragione tu, il panino non era fra le gambe mie, ma lasciamo perdere tanto avevi perso lo stesso…
Cominciano ad arrivare in tanti e parecchi li riconosco : Ezio Jug, completamente canuto dopo aver fatto il viaggio in macchina da Milano con la Kikka, sempre classificato primo al tiro a sputacchio vicino al cancello da dove entravano gli autobus, Rinaldo Pagano l’altro allievo insieme a me ad avere un altro Guiness record (siamo stati gli unici due allievi in tutta la storia dei Salesiani di Beirut e dintorni ad essere espulsi per tre giorni, e ce ne vantiamo), Dado e Tiziana, sempre insieme dopo tutti sti anni, la Pia (per cui volevo buttarmi sotto una macchina!) e Oscar, anche loro insieme da allora, Piero De Luca senza occhiali (s’é fatto il laser, me l’ha detto lui e ci credo), Sanguetta e la moglie (Sanguetta l’avevo riconosciuto subito ma al primo approccio ho pensato fosse il figlio segreto di Velasquez..), Colella e la moglie, Orlando sempre con quella classe che lo distingueva già allora, gusto e raffinatezza messi insieme insomma, la Lilli Bechini con la figlia (gran bel pezzo di figliola, per non dire altro), la Lilli sempre con lo stesso sorriso dolce sul volto ed un faccino un po meno timido di allora, i due fratelli Miggiano, Gianni figlio segreto di D’artagnan e Bruno (Porchetto o Porcheddu a seconda dei giorni dispari o pari) mio carissimo compagno di camminate e chiacchierate e mangiate di gelato e chi più ne ha più ne metta, Fabrizio Calabresi detto anche Adelaide, ma lui non si ricorda tanto di me fino a che non vede una delle tante foto che stanno circolando e mi appioppa una sberla sulla nuca “te la dovevo dare circa quarant’anni fa per tanti motivi perché mo’ me ricordo”.

Arriva Nando Segovia Bonapace con moglie figlio e figlia, famiglia molto ma molto simpatica, la Iole Manetti con suo marito (fratello gemello di Omar Sharif), non l’ho riconosciuta perché stava qualche anno dietro di me, la Guarracino tutta di nero vestita e scortata da Rudy in maglietta rossa (l’é tutto un programma!), Dario Amadeo, con cui giocavamo come pazzi a El Houssoun, ed altri che non riconosco perché erano diventati grandi quando io ero già partito.
Don Bedon si alza e ringrazia tutti i presenti e anche gli assenti, scappa qualche lacrima al Don ma anche a qualcun altro, ci benedice tutti e recita la preghiera prima della cena (che non é l’ultima, questo tengo a precisarlo).

Parlo con tutti allo stesso tempo perché ho tante cose da dire come del resto tutti gli altri presenti e intanto ci portano da mangiare, ma non mangia quasi nessuno (eccezione fatta per Porchetto), stiamo tutti un po su di giri per il ritrovamento dopo 38 anni, cioè dopo la fine del liceo (1969), per quanto mi riguarda, e non so proprio dove e come cominciare una frase o finirla, troppi ricordi, lasciati da qualche parte in uno scompartimento del cervello, affiorano nello stesso istante. Sembra quasi di essere ad una gita scolastica organizzata da Don Doveri, con Don Bedon caposquadra, Caputa, Masedu e Scudu come sottotenenti e noi a schiamazzare come le galline esattamente come 38 anni fa. Mi impressiona Don Caputa, il Gianni, che con l’avanzare degli anni diventa sempre più pimpante : vestito blu scuro che gli va a pennello, camicia blu striata, sembra quasi più Don Backy che Don Caputa!! Gira anche lui di qua e di là a parlare con tutti a scherzare e rovistare il passato, i “Ti ricordi..” stanno volando a destra e a sinistra e vengono da tutte le parti.

Rinaldo s’avvicina “Cocca, sei mia stasera, dormiamo assieme, nello stesso bungalow”, aiuto – help – à l’aide – hilfe, quarant’anni repressi sono un pò tanti da recuperare in una notte!!!!!
E già l’una passata quando usciamo dal ristorante e aspettiamo insieme a Giovanni Dot Com il taxi che lo riporterà in albergo, lui ritorna a San Diego negli Stati Uniti per lavoro e non ci sarà domenica, peccato, e fra un tira e molla vario riusciamo a mettere il timone direzione il campeggio dove mi aspetta una notte feroce con il Rinaldo in campo!

In Campeggio

Sono le due passate quando entriamo in campeggio e ci domandano gentilmente di non fare troppo rumore : come no, mettiamo le pantofoline, il pigiamino, guardiamo Pippo Baudo in televisione, camomilla con un cucchiaino di miele in mano. Ma quando mai : sono trentotto anni che aspettiamo tutti sto momento e questo ti manda a dire di non fare rumore, ma come si permette, ma chi gliel’ha data tutta sta confidenza??

Salta fuori una bottiglia di un certo liquore fatto con malto ed altro ma saltano fuori anche un salame di Pordenone fatto da maiali che Rinaldo conosceva personalmente, con cui ha passato serate meravigliose, e del pane libanese che ha portato la Liliana da Beirut (sì signori, lei vive ancora e sempre a Beirut) e siccome quasi nessuno aveva mangiato qualcosa in ristorante le ganasce cominciano a muoversi : si mangia, si ride, ci si sbellica per i ricordi di un pò di tutti, soprattutto di quelli che non sono presenti, il salame va giù che é un piacere (come del resto la bevanda anglosassone fatta con il malto) e fra un SCHAWARMA all’italiana e una risata abbiamo fatto le quattro e mezzo del mattino e la Kikka (signorsì, Sig. tenente) ci manda tutti a letto “mi devo alzare presto e qualcuno domani mi deve dare una mano per forza”. Strano, ma quando dice “QUALCUNO” guarda Ezio e il sottoscritto, tanto per intenderci, e così siamo diventati, nell ‘arco di una serata a cielo aperto, gli “schiavi personali” della Kikka e nessuno dei due sa ancora cosa voglia dire esattamente “dare una mano alla Kikka”!! Surprise, you’re on Candid Camera!
Sono le cinque e mezzo e dopo aver chiacchierato per un’altra ora nel bungalow, Rinaldo si gira, “mi suicido”, e incomincia a dormire ancora prima di toccare il cuscino.

Non riesco ancora a chiudere occhio, sono ancora sotto choc psicologico e come Mario (Prosdocimo) ha scritto in un suo mail “… questo per me è il mistero che ha avviluppato questo incontro, non mi sono sentito invecchiato di un minuto, anzi ringiovanito di parecchi decenni perché anche se i nostri “involucri” (chiamiamoli così) erano in qualche modo cambiati (per alcuni/e veramente di poco) dentro emergeva prorompente lo spirito dei ragazzini che ben conoscevo. Non è stato un incontro di corpi ma di anime, e per anima intendo la parte più profonda, sincera, immutabile di noi stessi….“.

L’ho lasciato intero il passaggio di Mario perché non avrei mai potuto scriverlo nella stessa maniera, lui é Primario e io solo secondario, e racchiude tutto quello che mi passava per la mente in quel momento.

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