I tre famosi discorsi di quel famoso giorno…
Foto Raduno 2007
Incontro Ex Allievi a Roma – 8 Luglio 2007
Siamo riusciti a trovare i tre discorsi che sono stati presentati l’8 Luglio 2007 rispettivamente dalla Kikka, da Oscar e da Monsignor Pican, buona lettura…
Diego
Monseigneur, a tutti i Don a Voi ragazzi,
la riuscita di questo incontro è merito di tutti voi anzi scusate visto che ci sono, anche mia che abbiamo con uno slancio quasi adolescenziale colto l’opportunità di vederci.
Ma se dentro ognuno di noi è immediatamente scattata la molla di correre oggi qui da ogni parte d’Italia e del mondo, ciò è dovuto a un qualcosa di molto grande che è in ognuno di noi.
Abbiamo vissuto in un paese meraviglioso oggi purtroppo ancora martoriato da anni di guerre, abbiamo avuto la grande fortuna di aver frequentato una scuola che a tutti noi ha dato molto, la scuola di Don Bosco, la scuola dei salesiani, la scuola di D. Doveri e non nomino gli altri solo perché sarebbe lunga e non ho voglia di piangere subito; ma anche la scuola che ci ha messo vicino a quei giovani chierici a volte un pò timidi come Masedu o Caputa oggi Don, ma anche qui non li nomino tutti, che molti di noi hanno vissuto come compagni altri anche come professori.
La nostra scuola, i nostri don ci hanno dato veramente molto. Abbiamo con loro potuto ridere scherzare ma soprattutto e imparare parlare, confidarci a volte anche arrabbiarci.
Non posso non ricordare Don Doveri, la sua porta sempre aperta la sua disponibilità a darci sempre fiducia, il suo saperci spiegare I nostri errori, confidare i nostri segreti ed i nostri progetti.
A scuola andavamo per nostro dovere purtroppo, finito l’orario scolastico a scuola tornavamo per nostro piacere; per me era un punto di riferimento, di ritrovo, una grossa calamita che ci attirava; sì noi avevamo voglia di stare nella nostra scuola.
Non mi chiedo dove ognuno di noi ha oggi le sue radici ma so che tutti noi abbiamo un pezzetto di radice saldamente fondata in quella zolla di terra che è stata la nostra scuola e per scuola intendo anche El Houssoun che continua a tenerci qui TUTTI UNITI.
E stato un piacere dare una mano a don Gianni per fargli da segretaria, a cercare i compagni gli ex allievi.
Voglio ringraziare tutti, il Vescovo Pican che non c’è, i nostri don, ma un grazie particolare lo vorrei dedicare a “un don” che in questi anni ha voluto e saputo mantenere con molti un contatto, ha saputo e voluto sempre tenere vivo un collegamento, ha saputo e voluto far si che oggi fossimo più possibili qui, e quindi, vorrei con tutti voi dire……
GRAZIE DON CAPUTA
Francesca
Mi è stato dato l’onore di dire due parole di benvenuto a nome degli ex- allievi della scuola di Don Bosco di Beirut.
Vi assicuro, amici, che vorrei avere il talento per poter descrivere con le parole l’emozione che tutti noi proviamo, e che si sente perfino nell’aria, nell’essere qui riuniti, oggi, così numerosi dopo tanto tempo, ma penso che neanche un grande poeta ci potrebbe riuscire.
Infatti ci basta guardare negli occhi il compagno o la compagna che ci sta a fianco e che non vediamo da tanti anni per capire che qui, oggi, stiamo vivendo qualcosa di emotivamente eccezionale ed arricchente che le parole, anche le più belle, non possono essere in grado di descrivere.
“L’emozione non ha voce” si dice in una nota canzone di Celentano e debbo ammettere che e’ proprio così!
Sulla facciata della nostra scuola di Beirut c’era scritto: “Non scholae sed vitae discimus” ossia “Non impariamo per la scuola ma per la vita“, tradotto per coloro che il latino l’hanno dimenticato e per qualcuno che non l’ha mai imparato!
A quell’epoca la frase ci sembrava forse un po’ retorica, ma, a distanza di anni, possiamo affermare che proprio in quella scuola di Beirut ci sono stati trasmessi i valori essenziali di buon corportamento nella vita che è qualcosa di fondamentale e di molto piu’ importante di quanta carriera o denari si siano fatti negli anni.
La conferma della bontà degli insegnamenti allora ricevuti e dell’efficacia con cui ci sono stati trasmessi, l’ho personalmente avuta nell’incontrare oggi qui tante belle persone, tante persone straordinariamente belle dentro.
E’ un patrimonio dal valore inestimabile per la Società e sono sicuro che lo stesso Don Bosco andrebbe fiero di noi tutti, insegnanti ed allievi di allora.
Oggi, quella scuola di Beirut non c’è più, ma quegli insegnamenti ricevuti e racchiusi sinteticamente in quella frase in latino li portiamo dentro di noi, li abbiamo fatti nostri e nessuno ce li può togliere.
Posso testimoniare, con la mia esperienza di vita vissuta finora, che, come a tutti, ha riservato cose belle e cose meno belle, che quegli insegnamenti di umiltà, generosità, altruismo e speranza ricevuti in quella scuola mi hanno aiutato a sormontare le difficoltà dei momenti difficili e sono profondamente convinto che se al mondo ci fossero molte più persone formate a simili insegnamenti, avremmo, senza ombra di dubbio, un mondo migliore e non assisteremmo a tanti orrori.
A nome di tutti gli ex-allievi di Beirut, dico un GRAZIE commosso a tutti gli insegnanti eccezionali che abbiamo avuto in quegli anni indimenticabili e che sono qui rappresentati oggi da don Bedon, don Pavanetto, solo per citarne alcuni, e, prima di dare spazio alla Celebrazione della Santa Messa, con altrettanta commozione dico a nome di tutti noi un emozionato:
VIVA DON BOSCO!
Oscar
Les délicats organisateurs de notre rassemblement de la célébration de ce jour et de notre rassemblement m’ont assuré qu’en parlant très lentement, je serais assuré d’être compris par la grande majorité de notre assemblée. Je vous encourage à retrouver le fil de ma méditation en revenant directement à l’un des textes de cette liturgie, en langue italienne, tels qu’ils ont été présentés tout à l’heure à notre assemblée.
- En vous retrouvant aujourd’hui nous avons spontanément laissé transparaître notre joie. Les années ont passé. Cette disposition du coeur, de l’âme et de l’esprit s’est profondément emparée de chacun pour nous replonger dans ces années de joie salésienne, de confiance contagieuse, d’amitié profonde et d’abandon à l’avenir.. la Parole de Dieu, sous la plume et sur les lèvres du prophète Isaïe, nous invite à la joie. Le fondement de cette attitude spirituelle le plus sûr repose sur la rencontre personnelle éclairée et nourrie du Seigneur. C’est bien l’expérience que nous avons faite en ce lieu de formation de nos années de jeunesse. Nous y avons éprouvé les uns et les autres, selon nos âges, nos vocations et nos engagements, la profondeur insondable de l’amour de Dieu pour chacun. Le Dieu vivant s’est manifesté présent à nos vies.
Il a éclairé notre marche, accompagné notre réponse; comblé notre vie; nourri notre idéal. Nous avons aimé le rencontrer, nous entretenir avec lui simplement et lui confier avec audace et assurance nos aspirations, nos projets, notre aventure humaine, notre devenir chrétien, nos années de maturité, d’accomplissement et de plénitude. Toutes ces richesses se vivaient dans un climat de joie lumineuse, de sérénité toute simple et de bienveillance large à l’égard de chacun. Nous vivons ce mémorial dans la maison où Don Bosco en 1884 écrivait sa fameuse et inoubliable lettre à ses confreres.
Nous pouvons en extraire une seule phrase, elle peut réveiller et entretenir cette joie évangélique, éducative el salésienne, toute brûlante de l’amour que don Bosco continue à porter à chaque jeune et à chacun d’entre nous aujourd’hui. Dans son coeur de Père nous demeurons éternellement jeunes : “que non seulement, ils soient aimés mais qu’ils se sachent aimés.” A chacun d’entre nous de recueillir cet héritage et de le proposer par notre témoignage quotidien, notre engagement et notre créativité permanente dans tous les lieux où nous avons à intervenir, à vivre et à rayonner la joie de l’Évangile, à la manière de Don Bosco.
- A la suite de Saint Paul dans l’esprit de Don Bosco, demeurons des acteurs de la paix et de la miséricorde infinie des Seigneur. L’apôtre ne se fait pas d’illusion ; ses choix sont difficiles. Ils nous renvoient à la croix du Christ que nous ne pouvons pas nous conlenter de regarder. Comme disciples de Jésus nous avons à la porter, chacun, avec patience, compassion et amour. Cette dispositions nous incline à devenir des acteurs patients et ardents de la paix. Nous savons cette richesse inouïe du plan de Dieu, fragile et souvent malmenée par les événements et la cruauté des hommes. Cependant la paix est appelée à se maintenir, à s’inscrire dans notre contribution, dans nos familles, dans nos associations, dans nos groupes, à travers nos responsabilités.
Elle exige des dispositions du coeur, une ouverture à l’autre, une capacité de compréhension de chacun, une disposition au pardon. Seul l’Esprit du Seigneur peut nous inspirer cette attitude el nous permettre de l’entretenir au bénéfice de la croissance de chacun de nos frères. La paix, nous le savons, n’est pas seulement une entreprise humaine. Elle ne peut pas relever d’aménagements négociés, de contacts bien établis, d’engagements bien préparés. Sa source ultime se trouve dans le coeur de l’homme touché, guéri, libéré et apaisé par le Christ. L’ être pacifié s’ouvre à la grâce et à la miséricorde. Cette disposition évangélique fait éclore et s’épanouir toutes le dispositions les plus riches de chaque être. Fidèles à l’éducation reçue demeurons des porteurs de la paix à tous nos frères et amis et des protagonistes de la miséricorde, en toute circonstance et dans toutes les situations de notre vie.
- L’Évangile, quand à lui, nous révèle un moyen simple, permanent et exigeant qui nous a permis, en grande partie, de devenir ce que nous sommes aujourd’hui. Nous avons, en effet, expérimenté, durant nos années de formation, au Liban, la richesse irremplaçable de la “maison” salésienne. Dans cette maison, chacun était accueilli pour lui-même, pris en considération avec respect, estimé, appelé à grandir, à s’affirmer, à tenir compte des autres, de tous les autres. Chacun était invité à entrer en relation de liberté aimante et authentique avec le Seigneur, à vivre des moments inoubliables de prière, de célébration, d’expérience vitale des sacrements. Chacun était convié à reconnaître l’autre comme un frère, un ami, un proche, un compagnon de route, à respecter, à rejoindre et à soutenir.
Le Christ dans l’Évangile de ce jour nous invite à créer ces maisons ouvertes, accueillantes dans lesquelles l’autre, tout autre, sera accueilli comme un ami, un frère, un membre unique et attendu de sa famille. Que chacune de nos demeures devienne ce havre de paix où chacun est attendu, estimé, appelé à grandir comme chez lui.
Don Bosco en nous invitant à la joie évangélique nous confie une oeuvre de paix à inscrire à notre tour et à réaliser dans chacune de nos maisons. Quelle grande et belle mission que la grâce profonde de l’eucharistie célébrée dans la joie nous aide à la remplir chacun à notre place.
AMEN
Articoli dell’incontro :
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- DECIMO (10) ANNIVERSARIO DEL NOSTRO INCONTRO ROMANO DE ROMA
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