Lettera a San Giovanni Bosco
Fotomontaggio Diego & Unsplash
In te confidiamo e a te ci affidiamo perché tu possa ricordarci e custodirci, implorando per noi, per le nostre famiglie e per i tuoi Figli la benedizione di Dio Padre Onnipotente.
Amatissimo Padre,
voglia perdonarmi per la presunzione innanzi tutto di scriverLe una lettera e poi per rivolgermi a Lei chiamandola Padre, come la chiamano i suoi diletti Figli della grande Famiglia Salesiana sparsi in ogni parte del mondo.
Noi ex Allievi, per le numerose testimonianze vissute in prima persona – ultima in ordine di tempo quella dello scorso fine settimana a Roma – ci sentiamo moralmente fratelli di una Comunità nella quale emerge appunto la Sua figura Paterna.
Avrei tante cose da dirLe e non so se riuscirò nel mio intento. Credo sia doveroso cominciare esprimendoLe la mia gratitudine con una lunga serie di ringraziamenti.
Grazie innanzi tutto per avermi accolto nella Comunità Salesiana della Scuola Italiana Maschile di Beirut (si chiamava così per distinguerla dalla Scuola Italiana Femminile condotta dalla Suore dell’Immacolata Concezione d’Ivrea) per frequentare la Seconda Classe Elementare. Essendo la mia famiglia residente in Libano, ho avuto la grande fortuna di proseguire tutti gli studi fino al conseguimento della Maturità. Molti ricordano ancora il monito che ci accoglieva sopra il portone principale della Scuola : “Non scholae sed vitae discimus”. Abbiamo sì conseguito un titolo di studio, ma oggi, a quarant’anni di distanza, siamo consapevoli che gli insegnamenti ricevuti, hanno plasmato la nostra esistenza.
Grazie per avermi permesso fin dall’età di sei anni di andare in colonia nella Casa di El-Houssoun da poco aperta e dove, con gli allora Chierici oggi colonne portanti dell’Ispettoria Mediorientale, per la prima volta ho visto i calli sulle mani per aver usato piccone e badile nella costruzione di stradine, nell’innalzare muri di recinzione fatte con pietre tagliate a mala parata e nel fare delle spianate per realizzare qualcosa di nuovo!
La sana fatica di quei lavori veniva ampiamente ripagata dagli sport praticati, dai teatrini e spettacoli che costituiscono il grande patrimonio della vita oratoriana, dalle gite più o meno lunghe: non dimentico le discese a valle per fare il bagno nelle acque del Nahr Ibrahim, né quella a lunga distanza per arrivare al santuario di Padre Charbel. In occasione di una di queste ricordo il breve tratto di avvicinamento fatto su di un fatiscente pullman dove, nonostante fossimo in tanti, ad una fermata salì un pastore accompagnato da alcune delle sue pecore!
El-Houssoun non è stato solo un luogo di villeggiatura. Per alcuni di noi, quando per scarsezza di studenti alcune classi del Liceo della Scuola di Beirut furono chiuse per due anni (forse uno, non ricordo), divenne il luogo dove poter continuare a studiare da privatisti, vivendo a stretto contatto con i Novizi, i Chierici ed i loro e nostri Maestri. La ricordo come un’esperienza fortemente edificante per lo studio e per lo spirito.
Prima di chiudere il capitolo El-Houssoun vorrei ricordare la figura di Abouna Youssef, un prete Maronita che viveva quasi da eremita su quel colle dove, prima dello sviluppo dell’Opera Salesiana, sorgeva la Chiesetta da lui edificata con le pietre portate su dalla valle e nella quale aveva dato cristiana sepoltura ai suoi cari.
Ricordo ancor oggi con forte emozione quella serata all’aperto con un cielo sereno e stellato, noi seduti intorno a lui che ci raccontava la sua storia, dicendoci di quella notte in cui Lei, amatissimo Padre, gli apparve in sogno dicendogli di mettersi in contatto con i Salesiani perché lì, proprio sul luogo del suo romitaggio, avrebbero dovuto costruire qualcosa di importante!
Grazie per aver accolto nella stessa Comunità di Beirut anche mia sorella che ha tratto come me ogni possibile beneficio nella sua formazione scolastica e cristiana.
Grazie anche per aver offerto a nostra madre l’opportunità di diventare Cooperatrice Salesiana arricchendo così quella sua solida fede che ha sempre segnato la sua vita terrena. Negli scritti che ci ha lasciato ha espressamente richiesto che in occasione del suo trapasso i “fiori” fossero delle offerte da destinare poi alle Opere dei Salesiani che tanto avevano dato a Lei e ai suoi figli.
Grazie ancora per avermi fatto incontrare e conoscere la persona che, formatasi presso il collegio delle Suore di Maria Ausiliatrice di Nizza Monferrato, è poi diventata mia moglie e mi ha dato un figlio di cui siamo entrambi orgogliosi.
E grazie in fine per aver reso possibile l’incontro di domenica scorsa a Roma tra tutti gli ex Allievi di Beirut ed alcuni Salesiani dell’Ispettoria del Medio Oriente.
Senza nulla togliere all’encomiabile lavoro degli organizzatori, a cui vanno anche il mio personale plauso e riconoscenza, credo anch’io che la Provvidenza che ha reso possibile il tutto, sia stata fortemente implorata da Lei. All’ispirazione di indire l’incontro, è seguito un crescente movimento di sensibilizzazione e di contatti per rintracciare e coinvolgere il maggior numero di persone. La macchina organizzativa è poi entrata a pieno regime con l’avvicinarsi del magico giorno e ha reso possibile ogni singolo aspetto dell’evento.
Con il passare del tempo e con l’avvicinarsi del momento dell’incontro è cresciuta una forte emozione scandita dai minuti che mancavano per trovarci finalmente al cospetto l’uno dell’altro. E superato l’attimo del ritrovo è subito sembrato di essere ancora lì nella nostra Scuola di Beirut e nei luoghi che hanno segnato per sempre quella nostra permanenza nella Terra dei Cedri.
Come molti hanno sottolineato, gli anni del distacco si sono azzerati e siamo tornati ad essere quelli di allora. I fotogrammi degli incontri a mano a mano che arrivava qualcuno, degli attimi di esitazione nel riconoscere qualcun altro, dell’emozione che ha permeato la celebrazione dell’Eucarestia, della festosa baraonda che ha contraddistinto il pranzo-buffet e della serenità che ha marcato l’intrattenimento pomeridiano, resteranno ben impressi nel film della nostra esistenza.
Dicevo dell’emozione della S.Messa. Che belle le letture e le preghiere fatte da molti di noi, come pure le offerte ricevute dal Vescovo celebrante ai piedi dell’altare. E i canti: con mia sorpresa ho ritrovato la voce ( e qualcuno l’ha ricordato e notato!) di quando nella Cappella della Scuola di Beirut facevo parte del coro e nelle occasioni solenni si cantavano le Messe del Perosi dopo aver saluto l’ingresso del Vescovo con l’ “Ecce Sacerdos Magnus”! Ma quando alla fine della nostra Messa è stato intonato l’inno “Giù dai colli” mi è venuto un groppone in gola che mi ha bloccato le corde vocali. In compenso colava qualche lacrimone!
Grazie quindi Amatissimo Padre per questa messe di grazie che mi hai e ci hai voluto profondere e non tardare ad indicarci come procedere su questa mirabile strada che hai tracciato per noi e quando e dove ritrovarci presto: forse su quel Colle da dove tutto ha avuto inizio, forse in Terra Santa dove molti dei tuoi Figli che abbiamo conosciuto risiedono abitualmente, forse ancora a Beirut o a El-Houssoun.
In te confidiamo e a te ci affidiamo perché tu possa ricordarci e custodirci, implorando per noi, per le nostre famiglie e per i tuoi Figli la benedizione di Dio Padre Onnipotente.
Flavio D’Andria
Casale Monferrato, 15 luglio 2007
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