In Memoria di Tojo

da | 21/11/2008 | Non dimentichiamoli | 0 commenti

Fotomontaggio SSB


Pier Vittorio Secco, uno dei cugini del giro in DO

Gioviale, estroverso, intelligente, facile alle relazioni sociali, capace di applicarsi nello studio con successo, era sostanzialmente il tipo che riusciva bene in tutto.

Caro Tojo,

quando nel 1981 sono tornata a vivere a Milano desideravo venire a suonare il campanello di casa tua in via Calatafimi 15 e chiederti scusa…..scusa di esser stata un po’ …“bip”… non si può scrivere … purtroppo in una allegra serata a San Giminiano il Manetti al quale avevo esternato questo desiderio è sbiancato e mi ha detto …ma non sai nulla?

Tante volte chiudo gli occhi e rivedo il tuo sorriso, tante volte ripenso a tutti i momenti belli passati assieme: i criceti Cip e Ciop che ti avevo regalato, la tua chitarra, le nostre partite a tennis all’Hotel Biarritz, i tuoi maglioncini, il vocabolario che mi hai lasciato con dentro una foto di tuo fratello che conservo ancora, il cuoricino che mi avevi regalato e che ha scatenato le ire, placate da mio papà, di mia mamma, la tua firma che ancor oggi so rifare quasi perfettamente … tanta dolcezza … purtroppo non sei più tra noi fisicamente ma sei qui con noi, dimenticarti è impossibile, ti sento sempre vicino, ti voglio pensare felice con la tua 500 nera, ci stai sorridendo, ti abbraccio forte forte e rimani vicino a noi abbiamo bisogno di te!

FRANCESCA SILLI


Caro Tojo,

Non ricordo esattamente il giorno in cui mi hanno informato del tuo incidente, non ci potevo credere, non potevo venirti a trovare ma credimi, sapessi le volte che sono venuta a trovarti e passare delle ore seduta vicina a te ed alla dedica di Khalil Jibran cercando di rimettere a fuoco tutto nostri momenti più belli.

Il tuo culetto a mandolino che faceva impazzire Mamma Giulia, il brodo che tu e Dado venivate a bere da Mamma Giulia, il giorno in cui Mamma Giulia, non avendo mai visto un criceto, cercava disperatamente di togliere il cibo dalle sacche laterali convinta che potessero morire soffocati.

Di te conservo la risata ed il sorriso, il tuo buon umore, ho tante foto tue con la chitarra che ti appassionava.
Caro amico mio ora quando pronuncio il tuo nome mi viene un tonfo al cuore perché ritengo che il mondo è stato ingiusto a togliere dalla nostra vita un ragazzo dolce e spensierato come te e non posso non abbinare il tuo volto a quello di tuo Zio Don Zannini e Don Filiè.

Sei e sarai sempre nel mio cuore, ti ho sempre voluto bene, come una fratello che non ho mai avuto l’occasione di avere. Un abbraccio di cuore, anche da parte di Rita e Carla, che avrai già incontrato in questi ultimi periodi. Sei sempre con noi e dacci la forza di andare avanti.

Con tutto l’affetto – Bruna

BRUNA BRUGHERA


Caro Tojo,

Un quaderno, di quelli intitolati Scuola Italiana Maschile – Beirut chissà come arrivato tra i miei, con una scrittura ordinata, elegante che rispecchia il tuo carattere, in prima pagina il nome, P. Vittorio Secco.
Cambiare casa fa ritornare alla luce istanti di vita, momenti importanti che abbiamo voluto conservare e i quaderni di latino, di francese (pieni di errori..), di filosofia, ci riportano alla memoria sensazioni vive, la lunga noia dei pomeriggi di studio, interminabili quando fuori ci aspettavano la passeggiata per Hamra , la partita a biliardo allo Strand, il cinema del mercoledì pomeriggio a 50 piastre. Vecchie foto che rimettono indietro per qualche istante l’orologio della vita

Occhiali con una montatura pesante, che quando togli aggiungono al tuo sguardo sincero quella miopia che ti costringe a sbarrare gli occhi per vedere meglio. Inseparabile da Dado, un cugino sbarazzino, romano in una pigrizia dolce, così diverso da te ma così intimamente legato da un filo forte, evidente. Mani piccole che si arrampicano sulla chitarra per improbabili note, ma che riescono in certi momenti di gloria a tirar fuori suoni per noi inimmaginabili. La serietà delle prove di musica con il più celebre e celebrato gruppo degli anni ’60, i “Dummies” . Richiami tutti alla serietà. Ferruccio il più discolo, che ogni tanto stona così bene, che non te ne accorgi quasi… Piero agli inizi proprio imbranato, ma così innamorato della sua batteria che gli si perdona tutto, Dado che ha scelto il basso per ..non doversi impegnare troppo…quattro corde bastano, Gianni che alle tastiere è già un piccolo prodigio, Bruno Porcheddu fino al ’68 e Nando come chitarra solista…

Le visite dello zio. Ieratico, capelli bianchi leggermente lunghi, su una veste chiara, occhi azzurri e vivaci, dolci e severi, pungenti come due lame, una voce roca, impostata, da attore, con un accento nordico inconfondibile. Ti si illuminano gli occhi quando arriva a scuola e siamo un po’ gelosi di quello zio importante, con un carisma molto forte, che vi coccola con gli occhi.. i due nipoti che devono fare bene e meglio per non alimentare sospetti di favoritismi…

Le partite di pallone. Un giocatore che tutti vogliono in squadra. Impegnato negli allenamenti, mai cattivo nelle entrate (qualcuno fa male…), elegante e concreto, altruista… non troppo, ma nulla in paragone dell’egoistissimo Ferruccio detto Farruje (per chi non lo ricorda in arabo “polletto allo spiedo”). Anche nel gioco hai sempre messo in primo piano la serietà nel fare, gli allenamenti, le partitelle tra noi sono sempre un momento dove esprimere il meglio di sé. Caro amico Tojo, romantico, a volte sognante, ma sempre impegnato con serietà in tutte le cose della vita. Applicazione e metodo il segreto.
Gli amori giovanili. Alcuni di noi sono impegnati in relazioni anche “importanti”, molto raccontate, molto di fantasia, i tuoi amori li tieni ben nascosti… negli intrecci amorosi al nome Tojo, almeno per molti di noi non è possibile dare un nome di ragazza…., eppure ce ne sono dentro e fuori la scuola e alcune molto carine (il massimo del giudizio di Paride per quegli anni….), un argomento sul quale glissi sempre all’inglese, per timidezza e riservatezza.

La scuola. La classe, salvo qualche eccezione, è molto buona, la migliore di quegli anni… …notoriamente la maturità ’69 è portata ad esempio! (si scateneranno guerre di religione per stabilire quale è la migliore classe di quegli anni, cause in tribunale…denunce..) Le brave sono inarrivabili.. sempre preparate, mai un errore e noi dietro ad arrancare con i tre don, Scudu, Parisi e Vacca nel gruppo di testa per impegno, ma noi più ferrati in materie scientifiche. E poi non vediamo l’ora di studiare “inglese”… mai lezione è stata più seguita, attenzione e silenzio… entra lei la inarrivabile e bellissima prof, di cui tutti siamo follemente innamorati, con scorno e gelosia delle compagne! Anche tu hai confessato questa debolezza, l’unica che condividi con noi allegramente…

Vedi amico mio ho scelto di parlarti al presente, come ti sento e ti vedo, ho scelto di ripercorrere con te alcuni momenti vissuti insieme e condividerli con i compagni e le compagne di Beirut, ho scelto….di non metterti nelle icone dei fu, ma nella storia degli è, perché sei nella nostra vita e con noi resterai ancor a lungo…ciao Pier Vittorio, ciao Tojo, ragazzo tra ragazzi, piccolo fuori e grande, molto grande dentro! Grazie!

VOSTRO EDDY (E.M. Iozia)


Caro Tojo,

Nonostante le belle parole che tanti tuoi amici hanno scritto in questo ambiente virtuale, e quanto è stato detto e ricordato di te in tutti questi anni, sento il bisogno di essere partecipe anch’io.

Anche a costo di ripetermi, ti voglio dire della bella persona che sei stato, della simpatia che sapevi trasmettere, della tua semplicità e bontà d’animo. Non è retorica, caro Tojo, non sono parole di circostanza, sono parole che vengono dal profondo del cuore pur sempre a distanza di 30 e più anni! Sei stato compagno meraviglioso, bravo musicista, e ti confesso, che quando suonavo nel complesso, non facevo lo sforzo di memorizzare gli accordi, li spiavo da te. Probabilmente tu lo sapevi ma non dicevi nulla, anzi ti mettevi in posizione tale che potessi vedere meglio.

Tanto era forte il sentimento di amicizia che ci legava, che la mattina del tuo incidente, avevo avuto come un presentimento. Ero da poco arrivato a Milano e avevo chiesto a Sandro di mandarmi il tuo recapito per ritrovarti e poterci frequentare nuovamente. Appena ricevuto il tuo numero di telefono, provai a chiamarti la mattina presto. Sentivo il desiderio di parlarti. Non c’eri…. Eri appena uscito da qualche minuto per andare incontro al tuo tragico destino. Più volte ti chiamai quel giorno e sempre con l’ansia crescente di doverti parlare. Una sensazione terribile, mio caro Tojo. Oggi forse, lassù, saprai già dell’angoscia della tua povera mamma, quando, man mano che passavano le ore, tu non tornavi. Ho fatto del mio meglio per tranquillizzarla, finché non ho saputo il giorno dopo dell’incidente. Ho vissuto con immensa angoscia quei 6 giorni duranti i quali hai lottato per la vita. Mi pare di sentire ancora oggi al il pianto straziante di tua sorella che mi dava, al telefono, la dolorosa notizia che non c’eri più.

Ho voluto ritornare indietro a quei tristi giorni ed a quel fenomeno telepatico che testimonia il legame che ci univa. Resta comunque indelebile il bellissimo ricordo del tuo sorriso sincero, della tua allegria e bontà. Grazie Tojo!

NANDO BONAPACE


Caro Tojo,

Per la verità io e Tojo non abbiamo allacciato subito un profondo legame. Troppe le differenze di carattere fra di noi. Tojo era gioviale, estroverso, intelligente, facile alle relazioni sociali, capace di applicarsi nello studio con successo. Era sostanzialmente il tipo che riusciva bene in tutto. Anche nelle discipline sportive non era secondo a nessuno. Aveva un ottimo controllo del pallone quando giocava a calcio, veloce e preciso nel basket. Sapeva suonare bene la chitarra, gli accordi gli riuscivano con estrema facilità…era intonato. Insomma, aveva la stoffa del leader ed il successo lo accompagnava ovunque.

Il fatto poi di essere nipote di Don Zannini e cugino di Dado sicuramente gli procurava le simpatie di allievi, chierici e Don.

Ci siamo frequentati senza diventare amici inseparabili. Le nostre vite procedevano parallele anche se si studiava, si giocava e si viveva assieme.
Ricordo la volta che al porto di Beirut ci intrufolammo entro grandi depositi di vestiario dismesso dalla marina americana. Letteralmente salimmo su montagne di calzoni scampanati o giacconi doppio petto con il classico bavero alto. Ci comprammo per pochi soldi la nostra divisa che sfoggiammo poi ad El Houssoun (vedi foto di archivio). Oppure quando entrammo in un negozio di strumenti musicali e ci comperammo la nostra prima chitarra (per me prima ed ultima). Tutte le sere semi-sdraiati da qualche parte cercavamo gli accordi di qualche famosa canzone dell’epoca.

Lasciato Beirut, qualche tempo dopo lo rividi a Milano nell’appartamento di via Calatafimi, proprio davanti alla fiera di Sinigallia. La squisita ospitalità dei genitori mi faceva sentire a mio agio e mentre raccontavo dei miei studi universitari percepivo il grande affetto che questi avevano per Piervittorio.
Aveva ancora la stessa chitarra e subito mi fece ascoltare i suoi ultimi accordi cantando sottovoce con quella voce un po’ nasale che lo distingueva.

Promettemmo di rivederci al più presto ma purtroppo non fu così.
Capitò che una volta superato l’esame di stato ed iscritto all’ordine dei medici di Brescia, mi fu offerta la sostituzione di un medico di famiglia a Borno (Valcamonica). Accettai con gioia ed apprensione questo mio primo impegno lavorativo.
Visitavo in tre ambulatori diversi una grande quantità di ammalati, quasi ammalati, rompiscatole e simulatori. Era un lavoro pesante ma di responsabilità e lo accettai di buon animo.

Un sabato pomeriggio mentre ero in albergo ricevetti una telefonata. Mario, sono la mamma di Piervittorio, ti ricordi? Ci farebbe tanto piacere se tu domani potessi venire a pranzo da noi… Risposi che certamente accettavo l’invito… ed intanto pregustavo l’emozione di rivedere Tojo.
Quando mi presentai credo con una scatola di cioccolatini i genitori mi corsero incontro e mi colmarono di ogni affettuosità. Tojo non si vedeva. Mi fecero entrare in casa, mi mostrarono alcune foto continuando a farmi domande sui miei studi, la mia famiglia, ecc.
Io intanto mi guardavo intorno cercando di cogliere la presenza di Tojo da qualche parte, ma non compariva. Ci sedemmo a tavola. Mentre la madre stava servendo il pranzo suonarono alla porta. Finalmente arriva quel ritardatario pensai. Entrò la sorella. Mi salutò e si mise a sedere. Cominciai a percepire qualcosa di strano.

Ad un tratto la madre mi chiese: hai saputo vero della disgrazia che ci è successa? Il padre di Tojo cedette all’emozione e cominciò a piangere.
Sapevo che due mesi prima era morto padre Zannini parente dalla mamma. Risposi che sì, lo sapevo e che quell’evento assai triste aveva colpito profondamente anche me.
Ma quel dolore era troppo forte per un fatto accaduto ormai da qualche tempo e per un parente sia pure tanto amato come Don Francesco.
La madre con voce più triste e flebile proseguì: sai era stato tanto bravo, aveva sempre preso bei voti, pensa che quel giorno si stava recando all’università in moto ed ha avuto un incidente, aveva il casco Gesù Santo, aveva il casco……

Mi si chiuse lo stomaco e non riuscii a deglutire quello che avevo in bocca. Mentre un senso di vuoto mi riempiva la testa mi girai verso il mobile del soggiorno che era dietro di me. Vicino ad un vaso di fiori c’era una cornice d’argento che prima non avevo notato. Conteneva la foto di Piervittorio, sfumata a tinta seppia, scelta proprio per essere esposta su una lapide.

Quello che provai in quel momento non può essere descritto. Il desiderio era di fuggire fuori, piangere, respirare, urlare… Rimasi impietrito al mio posto. Non mi riuscì più di inghiottire nulla. Guardavo nel vuoto e rispondevo con monosillabi. Finito il pranzo mi alzai dicendo che dovevo andare per controllare se vi fossero state chiamate in albergo.

I genitori di Tojo mi accompagnarono alla porta e piangendo mi dissero: vieni a trovarci a Milano ora che siamo tanto soli…

MARIO PROSDOCIMO

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