In Memoria di don Paolo Vassallo

da | 02/11/2021 | Non dimentichiamoli | 1 commento

© Foto ricevuta da don Gianni

Parecchi di noi l’hanno conosciuto e avuto anche come professore, il vostro webmaster l’ha avuto come insegnante appunto, una missiva di Don Doveri che grazie a don Gianni pubblichiamo seduta stante…

Carissimi, penso che le cose non capitino mai per puro caso.

Dopo la richiesta giunta alcune settimane fa da uno dei pronipoti di don Vassallo, mi sono messo alla ricerca di quella che in gergo chiamiamo la “lettera mortuaria”, e che di fatto è uno scritto in memoria del confratello, con i principali dati biografici, il ministero educativo e pastorale esercitato, e il profilo spirituale con le qualità e virtù caratteristiche.
Ve la allego per vostra lettura; cercherò di aggiungerò una inquadratura più adeguata per i nostri amici exhussunioti e beirutini che ci seguono sul sito. Guarda caso (!) sono passati 50 anni e, altro caso (!) lo scrivente è don Piero Doveri, direttore di una certa Scuola Italiana Maschile di Beirut !!!
Nel frattempo ne mando copia al pronipote. Statemi bene.

Don Gianni

SALESIANO DOC, SSB

SCUOLA ITALIANA MASCHILE
SALESIANI BEIRUT

Beirut, 7 agosto 1971

Carissimi Confratelli, il 14 maggio 1971, alle 4,15 circa lasciava questa dimora terrena, nell’Ospedale Italiano di Damasco, il Confratello professo perpetuo Sac. PAOLO VASSALLO di 69 anni di età, la cui memoria si manterrà viva nei Salesiani dell’Ispettoria Orientale e in tanti Confratelli che egli diresse nella loro formazione religiosa.

Nacque a Leonforte, provincia di Enna, diocesi di Nicosia, il 19 maggio 1902 da Raffaele e Domenica d’Urso. Già aveva compiuto i suoi studi ginnasiali e liceali a S. Gregorio di Catania, quando (nell’incontro coi Salesiani di S. Gregorio) decise di abbracciare la vita Salesiana. Di brillante ingegno, forte volontà e cuore buono fece la prima professione nel 1921. Messo subito a far scuola nel ginnasio, fu a tutti di esempio per la sua esattezza nell’insegnamento e nell’assistenza. Professo perpetuo nel 1926, veniva ordinato sacerdote meno di due anni dopo, il giorno della festa di S. Giuseppe del 1928 e fu inviato, nello stesso anno, come consigliere a Pedara.

Le sue doti di mente e la sua abilità furono in quel periodo così manifeste che nel 1931, a soli 29 anni, fu eletto direttore dell’aspirantato di Pedara. Due anni dopo il giovane sacerdote fu giudicato maturo per formare nuove reclute come Maestro dei novizi, a Villa Moglia, presso Chieri, il più numeroso e importante noviziato che allora possedesse la Congregazione. Nel 1935 gli fu affidato un compito nella direzione dello Studentato interispettoriale di Chieri. Furono anni fecondi di intensissimo lavoro formativo che gli permisero di infondere in altri i tesori di uno spirito salesiano autentico, entusiasta, amante della Congregazione a cui voleva ad ogni costo essere utile, osservantissimo delle regole che considerava come preziose reliquie della mente e del cuore di D. Bosco.

Terminato il periodo di direzione dello studentato Teologico, fu occupato ancora della formazione di giovani confratelli come Direttore e Maestro a Pinerolo, Direttore dello Studentato filosofico di S. Callisto, a Roma, Direttore di nuovo a Pedara e infine a S. Agata di Militello, presso Catania.
Gli antichi novizi e studenti, disseminati in tutti i continenti, occupati in mille mansioni diverse hanno sempre ricordato con affetto e venerazione il loro maestro, direttore e antico professore : “Sempre vigile e attento, seguiva da vicino i confratelli e alunni arrivava dappertutto” dice uno. “Della sua carità e del suo gran cuore non mi sono mai dimenticato”, scrive un sacerdote della Casa Madre. Cui si aggiunge, sempre da Torino, una lettera di un gruppo di Coadiutori : “Lieti di essere fedeli ai principi appresi in noviziato, anno sereno per la illuminata e aperta guida di Don Vassallo”. E dal lontano Equatore gli scrive un altro : “Lei è stato il mio Anania che mi ha indicato le vie del Signore. Uomo dal polso fermo e dal cuore buono.”

Scosso nella salute, abbandonò il lavoro di direzione, ma continuò sempre quello più efficace e più vasto nel quale mise a fuoco i tesori accumulati in tanti anni : l’insegnamento, la predicazione, le confessioni per le quali era apprezzatissimo.
Lasciò una scia luminosa negli innumerevoli corsi di Esercizi Spirituali, a Salesiani, a Figlie di Maria Ausiliatrice, a religiosi e fedeli nella quasi incessante predicazione spicciola e nella direzione delle anime attraverso il sacramento della Confessione.
Per la predicazione, tipicamente e inconfondibilmente sua, aveva a portata di mano un incredibile patrimonio di cultura classica e patristica, di S. Scrittura, di Teologia e filosofia. A un sapere enciclopedico univa un repertorio di spunti attinti alla lettura delle più sicure e aggiornate riviste. Tutto veniva selezionato, vagliato e scelto da un senso critico acuto e penetrante, meditato e fatto proprio, arricchito da riflessioni personali indovinate e opportune, aiutato da un gran buon senso ereditato attraverso la dimestichezza con i primi Salesiani vissuti con D. Bosco, in particolare con D. Ercolini, che egli venerava e di cui scrisse una bella biografia. Si stava sempre attenti alla sua parola per il calore umano, reso manifesto da gesti tipici e spontanei, per il tono di voce ben modulato, per i segni evidenti di una grande pietà da cui traspariva l’Uomo di Dio.

Nel suo dire era sobrio al punto che ogni termine risultava insostituibile ed incisivo, ma di una mirabile completezza. Nella Confessione sapeva andare subito all’essenza. Aveva l’arte di sollevare, di tranquillizzare e di dare tanta sicurezza : “Era semplice nei suggerimenti, ma sapeva comunicare una divozione virile, cristocentrica, teneramente e fortemente mariana, avendo una visione chiara e soda della vita religiosa”.

A noi confratelli dell’Ispettoria Orientale fu riservato il grande privilegio di beneficiare del meglio della sua piena maturità spirituale. Giunse nella casa di formazione di El Houssoun, in Libano, alla fine del 1957 e vi rimase quasi fino alla morte, tranne un breve periodo a S. Gregorio di Catania e a Beirut. Amò profondamente questa vocazione missionaria che non volle abbandonare nemmeno quando gli fu offerto un ritorno a climi più confacenti alla sua salute ormai scossa.
Fu in questo periodo che rifulse la sua grandezza morale, il costante lavorìo su se stesso, che aveva dato origine ad una robusta virtù che si manifestava nel predominio della comprensione e della pazienza, nella tendenza a una reazione pronta, vivace e persino esplosiva, particolarmente di fronte a sospetti di deviazioni, in questi momenti delicati per la vita della Chiesa e della Congregazione. “Dio lavora nelle anime” diceva. Con questo principio egli, che era di carattere forte e portato ad imporre il proprio maturo parere, si apriva cordialmente al rispetto delle opinioni altrui anche dei più giovani, in un senso di carità generosa e piena di fiducia. Era attentissimo a non far pesare sugli altri i suoi incomodi di salute e a dissimulare le sue pene per non rattristare la comunità. E perciò fu un esempio di letizia salesiana.
Cercava di stare sempre con la comunità, in conversazione interessante utile anche quando era ameno e faceto, desideroso di trovarsi con i giovani confratelli, partecipe delle loro ricreazioni.

Ma la sua lampada diede sprazzi di luce meravigliosa nei quindici mesi di vita sofferente. Il Dottor Renzo Conti, direttore dell’Ospedale Italiano di Damasco, che da anni lo curava, scriveva al nostro caro Don Vassallo : “Io ho sempre stimato le sue virtù di Sacerdote, di uomo e di insegnante. So che lei dedica al Signore ogni azione, ogni attimo della sua giornata e ritiene che la vita cristiana deve essere vissuta in ogni respiro, in ogni atto, anche il più piccolo e insignificante…”. È la sua fotografia morale.

Quando apparvero i sintomi del male che non perdona, Don Vassallo si preparò al grande passo. Nota nel suo taccuino il 17 maggio 1970 : “Ritorno a El Houssoun in convalescenza (era rimasto a Damasco per due delicati interventi), clamor factus est : ecce sponsus venit”.
Era l’attesa dell’incontro. Ormai distaccato, ma tutt’altro che assente da questo mondo, di cui viveva ansie e problemi, volle lavorare fino all’ultimo, nel desiderio di rendersi utile. Grazie a questo suo delicato riguardo potemmo raccogliere nuove espressioni rivelatrici di spiritualità salesiana.
“Camminare cantando, cantare camminando, con una sola pena : non essere sufficientemente santi”: fu il tema dell’ultima conferenza alla nostra comunità.

Così lo ricorderemo, mentre parla con tanta convinzione, piegato sotto il peso della malattia ormai galoppante. Così lo ricordano i liceisti, ai quali volle far lezione fino alla festa di Don Bosco.
“Abbiamo appreso da lei qualche cosa di grande: la preparazione alla vita, al lavoro, la formazione della nostra personalità. In tutto lei ci ha iniettato qualcosa che costituiva il suo tesoro più grande…
Il 5 febbraio si arrese alle nostre affettuose insistenze e riprese la via per l’Ospedale di Damasco, dove le cure dei dottori e le attenzioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice gli avrebbero reso meno doloroso l’ultima stazione della sua “Via Crucis”. La diagnosi pronunciò il verdetto finale: tre mesi di vita.

Egli scrisse nel suo taccuino : “Responsum mortis accepimus. Laetantes ibimus ad Jesum per Mariam”.

Le filiali premure, la vigilanza assidua dei dottori furono ammirevoli. Coloro che andavano a visitarlo avevano la sorpresa di ricevere e non di infondere coraggio. “Il mio incontro con Cristo voglio che sia un incontro di gioia”. Quando nel giorno da lui stabilito, sabato 24 aprile, gli fu amministrato l’Olio Santo disse ai presenti : “Mi avete messo sull’aereo e ora aspetto il Divino Aviatore”. La vigilia del suo trapasso, con delicato e commovente gesto, chiamò ad uno ad uno quanti lo avevano curato, dottori, suore e infermieri per dire a ciascuno il suo grazie e lasciare un ricordo. “Cortesie di Santi” pensò più di uno.

Chiuse i suoi giorni nella città che ricorda l’Apostolo Paolo, lui che ne portava non solo il nome ma ne imitava l’ardore, lo zelo, la passione per Cristo, nel giorno di S. Maria Mazzarello, in un ospedale diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, alle quali aveva dato tanto nella sua vita.
L’indomani, 15 maggio, la salma fu trasportata nel Libano, nella casa di El Houssoun dove si svolsero i funerali. Alla concelebrazione presero parte, oltre i confratelli delle tre case salesiane del Libano, le famiglie dei nostri allievi, fedeli maroniti del posto, rappresentanze di comunità religiose, che vollero rendergli l’ultimo saluto di omaggio. L’Ambasciatore d’Italia si fece ufficialmente rappresentare.

Carissimi confratelli, siamo convinti che don Paolo Vassallo è già nella luce del Cristo, ma siamo sensibili alla sua ultima accorata raccomandazione, scritta con mano tremante pochi giorni prima della morte : “A tutti gli amici e conoscenti Salesiani, Suore, Ex allievi nel noviziato, studentato filosofico e teologico, rivolgo una calda preghiera : Non lasciatemi in Purgatorio”.

Ricordate anche questa casa ed il vostro off.mo in Don Bosco.

Don Piero Doveri

Direttore

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Dati per il Necrologio : Sac. Paolo Vassallo, nato a Leonforte (Enna) il 19 maggio 1902; morto a Damasco il 14 maggio 1971, a 69 anni di età, 50 di professione e 43 di sacerdozio.

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