Apocalisse a Beirut

Oggi, purtroppo, non é proprio un giorno che si potrà dimenticare facilmente, immagini di oggi che si sovrappongono a quelle di ieri sera, macerie dappertutto e un susseguirsi di sirene delle autoambulanze durante tutta la notte scorsa.
Qui di seguito “una messa a punto” di don Vittorio, un messaggio anche di speranza oltre che di una certa attualità, messaggio che vi proponiamo qui di seguito.
Il Libano, già sconvolto da vari mesi da una gravissima crisi socio-politica ed economico-finanziaria, aggravata successivamente dalla pandemia del Covid-19, ha subito ieri una immane catastrofe, con l’esplosione, a quanto si dice, di oltre 2500 tonnellate di nitrato di ammonio, un materiale altamente esplosivo, depositato inconsciamente in un magazzino del porto di Beirut, la capitale, dopo che era stato sequestrato, tempo addietro, da una nave diretta in Africa.
L’esplosione, provocata, sembra, da un incendio nelle vicinanze, ha causato più di 100 morti e circa 5000 feriti, di cui vari in gravi condizioni. L’onda d’urto si è estesa per un raggio di oltre 10 km, distruggendo o danneggiando gravemente ospedali, luoghi di culto edifici pubblici e abitazioni private, oltre alle navi che erano nel porto o in rada. I senza tetto sono stimati intorno a 300mila e i danni materiali in miliardi di dollari.

Se finora, come Salesiani, non ci risulta di vittime tra le nostre conoscenze, deploriamo feriti e danni più o meno rilevanti in molte case da loro abitate. La casa di un confratello libanese, don Dany El-Hayek, ha subito gravi danni, ma, fortunatamente, i suoi genitori si trovavano in montagna. Rifugiati siriani ed iracheni residenti a Beirut e dei quali ci occupiamo, ci stanno segnalando non solo i danni materiali delle loro abitazioni, ma pure e soprattutto lo choc psicologico subito da loro e dai loro figli. Partiti dal loro paese per sfuggire alla guerra, si trovano ora in un paese in crisi e in situazione di gravissimo disagio.
Il Libano infatti non riesce oggi ad occuparsi neppur più dei suoi cittadini e si trova ora con la capitale devastata, dopo 30 anni di lenta e faticosa ricostruzione seguita alla guerra civile, terminata nel 1990. Autorità civili e religiose del paese stanno lanciando appelli al mondo intero perché accorra in auto a un paese paralizzato dallo choc e senza risorse. La crisi, già grave, è ora del tutto insostenible e le sue conseguenze, a breve e lungo termine, imprevedibili, o meglio, prevedibili in peggio, un peggio che già stavamo sperimentando da alcuni mesi e che non farà che aggravarsi.
Se da molti si leva un grido di disperazione e di rabbia per l’incoscienza di troppi politici e funzionari, tra cui le autorità del porto di Beirut, alle quali viene attribuita la responsabilità della catastrofe di ieri, noi lanciamo un grido di speranza, guardando soprattutto ai giovani libanesi, pieni di risorse e intraprendenti.
Ci sentiamo vicini a loro e preoccupati del loro avvenire. L’aiuto che sollecitiamo è sia per loro che per i rifugiati siriani ed iracheni di cui ci occupiamo.
CI HANNO SCRITTO