La passione per la fotografia
Da quando mi ricordo, Mario lo abbiamo quasi sempre visto con un apparecchio fotografico in mano, scattando a destra e a sinistra, facendo prove a iosa con pellicole particolari e altri strabilianti accorgimenti tecnico-tattici per un risultato sempre migliore del precedente, almeno così si sperava, ma sempre con le considerazioni di don Carboni, uno dei fotografi dell’epoca con almeno quattro lune di distanza da tutti noi.
La foto è sempre stata una delle discipline artistiche alquanto complesse e questo per tanti motivi che non penso essere in grado di poter spiegare, una cosa è la teoria ma un’altra è la pratica e vi posso assicurare che la piattaforma di Instagram è semplicemente straripante di foto che possiamo considerare come “il rovescio della medaglia”, anche se non è mai bello quello che è bello ma semplicemente quello che piace, non fa una piega.
Abbiamo chiesto al nostro Mario di rispondere ad alcune domande in merito all’esposizione a cui è stato invitato e gentilmente, come sempre, il nostro Fotografo Ufficiale SSB ci ha risposto.
Quale è stata la cronistoria dietro a questo invito?
Non sono stato invitato. Dopo aver sottoposto un mio portfolio alla attenzione di un grande fotografo di guerrra, Ivo Saglietti, alla sede de “il Giornale” a Milano, ed avendo da lui ricevuta una buona valutazione, avevo pensato che forse queste foto meritassero di essere esposte in qualche mostra. Il caso ha voluto che la settimana successiva visitassi a Brescia il Museo Nazionale della Fotografia. Era tempo che desideravo farlo e consiglio a tutti gli appassionati di entrare ed ammirare almeno per una volta la meravigliosa collezione di apparecchiature fotografiche contenuta in quelle sale. Prima di uscire avevo chiesto alla Curatrice Luisa Bondoni se fosse stata interessata a dare una occhiata a queste mie foto custodite in digitale in una penna USB. Le aveva trovate interessanti e mi chiese di trattenerle per farle valutare alla commissione interna di esperti fotografi.
Dopo una settimana mi arrivò una mail che mi informava che le foto erano state ritenute idonee per una mostra da tenersi a Settembre. L’interesse per queste immagini è anche perché si riferiscono alle turbolenze di piazza degli anni 60-70-80 e quest’anno è il 50mo anniversario del ’68. Tutto qui.
Perché le foto e non i filmati 8 o Super 8?
Semplicemente perché per la cronaca erano idonee le fotografie e dato che speravo di poterle vendere ai giornali, riuscivo a sviluppare i negativi e stampare le foto in tempi record (per quell’epoca). Entro la serata riuscivo a fare il giro delle redazioni degli otto quotidiani che si stampavano allora a Milano e qualche foto riuscivo a piazzarla. Venivano pagate dalle 4 alle 7 mila lire ciascuna e per qui tempi era per me un bel prendere.
E perché in Bianco e nero?
Perché i giornali erano in bianco e nero, la pellicola in bianco e nero era facile da sviluppare anche in casa ed io avevo tutta la attrezzatura necessaria. Il colore era riservato ai laboratori o a qualche raro appassionato ed era costoso e necessitava di molto tempo per essere processato.
Che apparecchio fotografico hai utilizzato per scattare quelle foto?
Allora utilizzavo una Konica autoreflex T con obiettivo 50 mm (grande macchina!). Avevo anche un 35 mm ed un medio tele ma ho quasi sempre utilizzato il 50. Mi portavo appresso anche una Olympus Pen F che impressionava i negativi in mezzo formato e talvolta una Contaflex con obiettivo fisso da 50 mm. Penso che se avessi potuto disporre allora della attuale tecnologia con le apparecchiature fotografiche digitali…. ma forse il tutto avrebbe perso il suo fascino.
Scatti ancora foto con la pellicola in bianco e nero? Cioè apprezzi sempre il bianco e nero?
Si. Talvolta, ma ci vuole tempo, che per ora non ho, ma mi diletto ancora con la pellicola. La sviluppo in casa e non disponendo più di una camera oscura per questioni di spazio (tengo ancora tutto il materiale nel sottoscala) digitalizzo i negativi con uno scanner Nikon e stampo con stampante fotografica a getto di inchiostro. E’ più facile e veloce, ma non è la stessa cosa. Il bianco e nero ora lo ottengo in digitale con varie tecniche di elaborazione.
Come mai eri presente in quei frangenti?
Ero corrispondente allora di un giornaletto che si stampava a San Donato Milanese, l’ “Eco del sud Milano” e mi capitava, per questioni di cronaca, di essere testimone di incidenti di piazza (allora frequenti a Milano).
Te le hanno allora pubblicate alcune delle tue foto?
Si, tre-quattro foto per manifestazione riuscivo a piazzarle ai quotidiani o settimanali e spesso le vedevo pubblicate.
Alcune foto danno un’impressione di particolarmente “sensibili” per non dire pericolose : hai mai avuto paura??
Questo genere di fotografia mi aveva affascinato ed essendo allora uno dei pochi che sapeva rischiare testa ed attrezzatura, mi gettavo nella mischia senza timore pur di ricavarne una buona foto. Devo ammettere che essendo abbastanza conosciuto per il lavoro che facevo non ho mai preso manganellate dalla Polizia o dai Carabinieri. Poi ci si conosceva fra fotografi “d’assalto” e ci si scambiavano informazioni e consigli.
L’unica volta che ho rischiato è stato durante una carica della Celere contro dimostranti della destra extraparlamentare per una manifestazione non autorizzata. Correvo di fianco ai poliziotti quando a pochi metri da me ci fu una grande esplosione. Pensavo avessero lanciato un grosso petardo, invece era una di quelle bombe a mano SRCM che poco dopo colpirono al petto il povero agente di P.S. Marino uccidendolo sul colpo. Non riuscii a documentare questo evento luttuoso perché era giunta voce che era in atto in quel momento uno scontro feroce davanti alla Prefettura. Assieme ad altri fotografi mi recai di corsa in corso Monforte ma la notizia risultò infondata.
Poi però sei diventato un Primario qui nei dintorni del Bresciano, ma fra la fotografia e gli ospedali è stato difficile scegliere?
Beh, prima di diventare primario ne è passata di acqua sotto i ponti….. La scelta fu dolorosa ma obbligata. Pensa che avevo avuto un invito di collaborazione da parte di una famosa agenzia fotografica di Milano. Roba da leccarsi i baffi! Perentoria fu invece l’ingiunzione a terminare gli studi in Medicina da parte di mio padre. Dovetti piegare il capo e laurearmi.
Qual’é la foto di quei giorni di cui sei il più fiero? In altre parole c’è una foto che ti lascia un forte ed intenso senso di “orgoglio”?
Non saprei. Sono fotografie che dopo tanti anni hanno acquistato un valore “storico” proprio perchè sono solo di quel periodo e sono irripetibili. Forse non sono capolavori in senso strettamente fotografico, ma sono la testimonianza di quei momenti come io li ho vissuti e vorrei che queste emozioni fossero comunicate in qualche modo allo spettatore.
Nella mostra poi sono esposte altre fotografie non pertinenti la cronaca: il backstage del film di Dario Argento “Le cinque giornate di Milano”, un gruppo di piccoli nomadi, Pavia di notte durante una nevicata, ecc.
Accetterò volentieri i commenti dei visitatori.
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