Troppi bambini colpiti alla testa
Foto © Corriere della Sera
Federica Iezzi parla dall’ospedale di Dir el Balah: «Nell’ultima settimana le bombe si sono fatte sempre più vicine al nostro ospedale che è ormai l’unico funzionante nelle zone centrali della Striscia»
La chirurga nell’inferno di Gaza:
«Zona umanitaria sempre più stretta. Troppi bambini colpiti alla testa»
| Lorenzo Cremonesi | Corriere della Sera | 27/08/2024 |
DAL NOSTRO INVIATO – GERUSALEMME – «Mai visto ferite tanto gravi e una situazione umanitaria così tragica come a Gaza. Lavoro come chirurga per Medici senza frontiere da una decina d’anni, sono stata in posti caratterizzati da emergenze estreme come Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia, o Haiti, eppure qui a Dir el Balah è peggio di tutti», dice per telefono Federica Iezzi. Nata quarant’anni fa in provincia di Chieti, ai primi d’agosto è tornata nell’inferno di Gaza. Ieri siamo riusciti a parlarle mentre si trovava nell’ospedale di Dir el Balah circondato dai carri armati.
L’Onu interrompe le attività di assistenza. Sembra che le zone dove voi operate siano al centro dei combattimenti con Hamas. Cosa vede attorno a lei?
«La situazione è degenerata da sabato, quando gli israeliani hanno cominciato a restringere la quarantina di chilometri quadrati della cosiddetta zona umanitaria, dove al momento sono concentrate oltre un milione e 600 mila persone sfollate. La strategia israeliana pare volere schiacciare tutti verso il mare».
Vedete i soldati israeliani?
«No mai».
Cosa sta accadendo?
«Nell’ultima settimana i bombardamenti sono cresciuti d’intensità e si sono fatti sempre più vicini al nostro, che ormai è l’unico ospedale funzionante nelle zone centrali della Striscia. Domenica alle 18.30 la terra ha tremato molto forte e la gente spaventata ha iniziato volontariamente a partire verso Khan Younis più a sud e in direzione della spiaggia, che è già coperta di tende. Avevamo oltre 600 pazienti in cura, sono rimasti meno di cento. Ho visto ieri uno per uno i casi gravi che non possono lasciare: amputati, feriti alla testa, pazienti in terapia intensiva, bambini, donne con ferite penetranti all’addome».
Cosa la colpisce nel suo lavoro di chirurgo?
«Il numero enorme di bambini in età compresa tra i due/tre anni e i quindici metodicamente colpiti da proiettili singoli alla testa o al collo. Vediamo i fori di entrata nel cervello. Neppure tra gli orrori della guerra civile siriana ho mai incontrato qualche cosa di simile».
Ma quanti sono?
«Una media di quattro al giorno».
Dal primo di agosto sarebbero dunque un centinaio di bambini?
«Sì, questo è il numero, forse anche di più: ragazzini non sopra ai quindici anni. Per esempio, penso al caso di Majid, che aveva 6 anni e viveva in una tenda alla periferia di Dir el Balah. Era fuggito dal Nord nei mesi scorsi con i membri rimasti della sua famiglia, tanti erano morti nelle prime settimane di guerra. Tra i parenti stretti era vivo solo il padre. Majid è stato raccolto moribondo davanti alla sua tenda e portato da noi su un carretto trascinato da un asinello. Era insanguinato, sporco. Credevamo avesse parecchie ferite. Ma poi abbiamo trovato solo un netto foro di entrata alla testa, non c’era quello d’uscita. In genere questi proiettili esplodono nel cervello. Majid è rimasto in coma per poche ore e poi non ce l’ha fatta. Noi non siamo attrezzati per operazioni così complesse».
Le sembra una strategia deliberata?
«Sono un’operatrice umanitaria. Non lo so e non traggo conclusioni politiche o strategiche. Mi limito a rilevare i fatti che incontro. So anche che ci sono tanti bambini con braccia e gambe amputate: un esercito di piccoli grandi invalidi destinato a gravare sulla società palestinese del futuro. Noi operiamo una quarantina di persone al giorno: in media 15 sono bambini, le donne meno di 10, tutti gli altri sono uomini adulti, che però in genere sono feriti da esplosioni».
Quali le conseguenze del blocco dell’Onu?
«Non ci sono cambiamenti per ora. Oggi l’acqua veniva distribuita e credo anche il cibo. Ma qui dove sono io ci sono pochissime attività delle ong. Pochi giorni fa quasi non potevo muovermi tanta era la calca di feriti e sfollati. Oggi il nostro pronto soccorso è quasi deserto, la gente scappa».
Il medicinale che vi manca con particolare urgenza?
«Gli antidolorifici, gli anestetici. I bambini sono traumatizzati quando li medichiamo senza lenire il male. E lo restano per tutta la vita. Ma gli israeliani impiegano in genere due mesi per farci arrivare ciò che chiediamo».
DALLA STESSA CATEGORIA
- Emergenza Libano – FMA
- La terrorisation du Monde, par Serge July
- Il dramma dei cristiani in Siria: erano due milioni, ora sono 500 mila
- Animatori salesiani libanesi in pellegrinaggio alle sorgenti della speranza
- Troppi bambini colpiti alla testa
- Il Papa: ‘Il Libano è e deve restare un progetto di pace’
- Nouveaux ordres d’évacuation à Gaza…
- Under shadow of Gaza…
- Turbato dalla recente visita in Israele
- Papa Francesco e l’esplosione di Beirut
- Gaza, il Libano and Co…
- Fede tra le bombe: sacerdoti e i cristiani nelle città di confine tra Libano e Israele
- Libano – Consegna dei diplomi al “Don Bosco Technique” di Al Fidar
- Chef palestinese vince l’Oscar dei cuochi Usa e lo dedica al suo popolo
- Cairo, inaugurata l’«Oasi della Pietà». Entro l’anno il «Bambin Gesù» egiziano