Una vagonata di anni fa…

Foto scoperte da Carminati
Testo che ha scritto Daniele Carminati su Facebook e che, dopo la domanda prealabile, pubblichiamo anche sul sito SSB !
No kidding…
Era di questi tempi, i primi di Giugno di una vagonata di anni fa.
Avevo 11 anni e passavo il tempo sulla grande terrazza della nostra villa, sulle colline di Rabiah, a guardare il mare e la bellissima città di Beirut distesa sotto di me.
Il panorama irresistibile, unito all’intenso odore dei pini intorno, aveva un effetto ipnotico su di me. Tuttavia quel giorno, l’aria era più strana del solito.
Il cielo era avvolto da una nebbia giallastra e la temperatura salita di almeno dieci gradi in un attimo. C’era un vento caldo, leggero ma implacabile, che s’impadroniva di ogni centimetro dello spazio in cui vivevi.
Si chiama “khamsin” mi dissero sorridendo del mio stupore…
Il khamsin è un vento che soffia sulla zona orientale del nord Africa anche per 50 giorni di fila. Proprio dalla sua lunga durata deriva il nome, dall’arabo hamsin o khamsun, che vuol dire cinquanta. Il periodo in cui colpisce maggiormente con le sue sferzate impetuose va dalla fine dell’inverno ad inizio estate, in particolare nei mesi da aprile a giugno.
E’ un vento burrascoso che può soffiare a raffiche di 70/80 km all’ora e molto caldo, che fa impennare le temperature anche di 12°. Quando questo accade si verificano delle tempeste di sabbia, chiamate haboob. Le polveri e le sabbie desertiche arrivano in Egitto, nell’Africa del nord e nella penisola araba.
Addirittura si oscurano i cieli di Paesi molto lontani, come la Siria, Israele, la Turchia meridionale e …il Libano.
P.s. I miei amati “ libanesi “ se lo ricorderanno bene. La foto a destra è una cartolina degli anni settanta e riproduce fedelmente, anche se più da vicino, il panorama che guardavo incantato!
Daniele Carminati
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Ciao Daniele, il Khamsin lo conosco bene perché ero solito sciare a Faraya e quando soffiava quel vento caldo tendeva a macchiare a chiazze la neve di un colore ocra a causa della sabbia che depositava. A quel punto praticamente la stagione sciistica cessava perché ogni volta che si passava con gli sci su una zona “contaminata” questa contribuiva a frenare lo sciatore bruscamente con grave rischio di cadute e rotture di tibia.