Un viaggio in un paese pieno di colori…
Questa volta non si tratta del Libano, Beirut e dintorni, solo qualche chilometro e spezie più in là…
Foto originale Diego & Co
Erano anni che volevo fare un giro da quelle parti, ho sempre rimandato per tanti motivi, nessuno serio…, ma finalmente e dopo una battaglia con il computer che non mi voleva dare il VISA E, cioè elettronico, sono finalmente riuscito ad appoggiare le chiappe sul sedile di un aereo e farmi qualche chilometro per raggiungere New Delhi, méta sognata e agognata per quasi mezzo secolo.
Un altro mondo, un pieno di tanta gente ma veramente tanta, un traffico da cardiopalma se non si é abituati, non occorre che mi dilunghi più di tanto, un mondo pieno di colori, di odori di spezie, di animali che attraversano la strada ma anche di “macachi” che se li guardi di traverso o un po’ troppo a lungo vengono a dirtene quattro senza battere ciglio, anzi le ciglia le sbatti tu ma da distante…
Ho messo assieme tutte le note che avevo annerito su di un quaderno apposta durante quei giorni, spero non aver scritto troppe baggianate ma ve le propongo tale e quali, augurandovi una Buona Lettura in ogni caso…
SI PARTE, FINALMENTE
Mercoledì 12 febbraio
Lasciato Tolosa per Roma con un volo Alitalia. Volo orribile. Meno spazio per le gambe rispetto alle compagnie aeree più economiche. Bevande analcoliche offerte e un pacchetto di biscotti – declinato i biscotti. Ho detto alla hostess che avevamo solo un’ora, almeno così mi sembrava, per prendere il nostro volo per Delhi e ci ha assicurato che avevamo tutto il tempo necessario. Eravamo scettici, ma aveva ragione lei e ci siamo imbarcati per New Delhi con abbastanza tempo libero a disposizione.
Volo tranquillo, bel servizio ma nessun confronto con la Lufthansa dello scorso anno, mi assicura la rappresentante del Regno Unito che aveva fatto una ricognizione per conto proprio l’anno precedente! Anche i film erano “vintage” e gli auricolari non funzionavano correttamente, purtroppo.
Siamo arrivati a Delhi e senza colpo ferire ci siamo fatti la fila, abbastanza normale, per uscire dal settore Immigrazione e, non appena siamo riusciti ad attraversare una moltitudine di corridoi e sale d’attesa, ci siamo trovati con Ajay (la nostra guida per tutto il periodo della nostra permanenza in India) che ci aspettava con un grande sorriso e un caldo, in tutti i sensi, abbraccio! In quattro e quattr’otto ci infilano in un’auto e siamo stati in pratica accompagnati in una zona non proprio distante dall’aeroporto (Aerocity) dove ci sono una marea di Hotel e dopo un check-in veloce veloce al Lemon Tree Hotel, siamo andati dritti a dormire, sono già le 03:30 del mattino !
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DELHI, VECCHIA E NUOVA
Giovedì 13 febbraio
Ci siamo organizzati per ritrovare Ajay alle 12 dopo una “abbondante” colazione in albergo. Tutto a iosa, dal cibo occidentale fino all’indiano, vegetariano e non vegetariano. Non avevo veramente nessuna voglia di mettermi a mangiare indiano per una specie di pranzo-colazione, avevo anche poca fame, non ci dimentichiamo che siamo 4 ore e 30 minuti oltre il fuso orario del nostro continente, mi ci vuole una mezza giornata per abituarmi ma per il momento sono ancora a casa con la testa e tutto il resto…
Abbiamo fatto il check-out e ci siamo sprofondati sui sedili posteriori dell’auto che ci aspettava all’entrata del parcheggio dell’hotel, con aria condizionata e con autista, autista estremamente bravo e simpatico, sono sempre in apnea per via della differenza di fuso…
La nostra guida, insieme all’autista, ci hanno preparato una prima fetta di visite tutte all’interno di Dehli, Vecchia e Nuova, il tutto servito con un contorno di traffico che all’inizio ti fa montare le cosiddette palline maschili direttamente in gola… Non so esattamente come fanno, ma non ci sono incidenti alcuni e sebbene tutti stiano strimpellando il clacson ancora di più che a Beirut, per tutta la nostra permanenza in India non abbiamo avuto neanche un graffio, auto o meno.
Ci hanno fatto fare un gran bel giro, fermandoci a Connaught Place, India Gate, il complesso amministrativo Luytens Art Deco, l’ex-Viceroy Lodge (foto qui sopra), e uno dei più antichi insediamenti di Delhi con un minareto, Qutb Minar (foto qui sotto), che significa “Torre della Vittoria” risalente al XIII secolo. Il minareto é il più alto minareto in India ed il terzo per altezza nel mondo. Gli abitanti di Delhi vengono spesso e volentieri per fotografie varie, passeggiate con la morosa ma anche pic-nic. Il minareto é in mezzo ad uno spiazzo enorme, con la moschea Quwwat-ul-Islam ed un pilastro tutto in ferro che nessuno é mai riuscito a scalfire e che hanno dovuto recintare per non avere la solita processione di ben pensanti che facevano di tutto per verificare se era vero o meno.
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Quindi la vecchia Delhi, con le sue strade strette e vicoli e negozi colorati, fili elettrici dappertutto e una processione di “macachi” che puoi solo guardare quando non ti stanno squadrando, altrimenti… Altrimenti te li ritrovi di fronte e incominciano a mandarti a quel paese e talvolta a suonartele pure, anche se devo dire che in 12 e più giorni non ho mai visto nessuno imbattersi con la gerarchia dei “macachi” indiani o meno. Ho aggiunto una foto che sono riuscito a scattare a proposito dei “macachi” e la potete trovare qui sotto, non é tanto facile da notare il “macaco” ma tutti i passanti mi hanno consigliato di scattare la foto da lontano e mai quando la scimmia ha la testa e gli occhi girati verso l’obiettivo. Non scherziamo…
Le strade sono affollate, scusate volevo dire SUPER affollate, motorini dappertutto, una scia di APE della Piaggio che non vedevo da più di 40 anni, talvolta come TAXI ma il più delle volte come i nostri Services libanesi cioè si fermano dove vuoi tu, tutti con il clacson a 1000 e tutti che vogliono stare davanti, sembra essere in un altro spazio temporale che non conosci in pratica più. Moto e motorini che sbucano da ogni curva, biciclette che sono utilizzate come camioncino e nessuno che si incazza, una strimpellata di clacson sì ma non ho mai visto nessuno incocciato o simile, una calma proverbiale in ogni situazione.
Ebbene sì, abbiamo cenato in uno degli innumerevoli negozietti/tavole calde/botti girate che trovi ad ogni incrocio, una esplosione di spezie e di papille gustative che non volevano più fermarsi, un viaggio pari al primo viaggio sulla Luna, una cosa straordinaria, non ho parole.
È stata un’esperienza nuova per me e molto piacevole. Abbiamo mangiato il primo piatto letteralmente per strada e poi per il proseguo della cena ci siamo accomodati in una chiamiamola “taverna” in pratica a cielo aperto dove abbiamo preso posto attorno ad un tavolo con un curry di ceci ed un fetta enorme di una specie di pane fritto che si chiama “Puri”, in pratica pane indiano azzimo che si mangia per colazione o pasti leggeri.
Il tutto condito da un traffico sempre più denso man mano che le ore scorrevano da non sapere più da che parte girare la testa e gli occhi, il fuso orario se ne é andato a farsi benedire e non sento più la stanchezza proprio per niente.
Neanche il tempo di digerire il tutto, si va dritti dritti a una delle stazioni ferroviaria di Delhi dove una cuccetta ci aspetta su uno dei vagoni del treno notturno per Jodhpur, prossima sosta in programma.
JODHPUR, IL MAHARAJA E TUTTO IL RESTO
Venerdì 14 febbraio
Dopo una notte in cuccetta abbastanza calma e normale, si fa per dire, si va direttamente all’hotel, l’Indana Palace Hotel. Bellissimo vecchio rifugio di caccia appartenente originariamente al maharaja di Jodhpur, caratterizzato da architettura e interni ispirati ai palazzi d’epoca, si trova a tiro di schioppo dalla stazione dei treni, autobus e anche dall’aeroporto. Ma prima di continuare la nostra esplorazione in terra indiana, abbiamo fatto colazione dopo la notte “selvaggia” in cuccetta, quindi altro giro e altro regalo…
Prima tappa il palazzo dove vivono ancora il maharaja con la sua famiglia, con annesso un museo e un hotel di lusso alquanto straordinario. Ogni ospite dell’hotel viene accolto con una speciale cerimonia tra cui una rullata di tamburi, ma purtroppo c’erano dei preparativi in corso per un matrimonio e quindi siamo dovuti restare a guardare fuori da tutto. Ragazzi, che posto per un matrimonio!
Poi ci siamo diretti verso un’altura poco distante ma che si può vedere da tutta la vallata e che é una meta in pratica obbligatoria da parte di parecchi turisti indiani o meno. Ci aspettava una fortezza originale situata su una collina che si affaccia sulla “città blu” così chiamata perché le case che ospitavano i sacerdoti o Bramini erano tutte dipinte di blu. Questo palazzo, chiamiamolo palazzo…, o Forte di Mehrangarh, é stato eretto a partire del 1459 durante il regno di Rao Jodha, fondatore della città di Jodhpur, mentre la forma del palazzo attuale é stata “disegnata” e terminata durante il regno di Jaswant Singh nel 17esimo secolo.
Affascinante, esotico, foglie d’oro ovunque, soffitti in filigrana dorata e tutti dipinti a mano, una collezione di auto d’epoca tra cui due Rolls Royce risalenti agli anni ’30. Un’esperienza straordinariamente culturale ed una sorpresa totale.
Il Forte di Mehrangarh ospita diversi palazzi, come il Moti Mahal (palazzo di perle), Phool Mahal (palazzo dei fiori) e lo Sheesh Mahal (palazzo degli specchi tipo Versailles) e collezioni di palanquins, howdah, miniature, strumenti musicali, costumi e mobili. Tutta una visita!!!
UDAIPUR, IL MONSOON PALACE E JAMES BOND
Sabato 15 febbraio
Dopo una prima colazione tosta e abbondante (teniamo presente che non abbiamo mai mangiato a mezzogiorno…) ci siamo sistemati in macchina con Ajay e il nostro autista Sunder direzione Udaipur. Dopo un breve periodo di scarrozzata sulla strada principale abbiamo imboccato una strada locale o forse dovrei dire “regionale”, attraverso una campagna verdeggiante e rurale, attraversando villaggi piccoli e grandi.
C’é da dire che non mi sarei mai aspettato di trovare una “campagna” di un verde molto “verde”, ogni volta che si pensa all’India vengono in mente le solite immagini, gente che fa l’elemosina e che dorme per strada. Invece dobbiamo tenere presente che l’India é in pratica più grande ma sopratutto più popolata della nostra Europa, un miliardo e 300 milioni di persone, sono tanti ve lo posso assicurare e devo anche aggiungere che è stato molto interessante vedere la gente del posto nel loro habitat naturale, anche se il traffico su queste strade interne, tutte in pratica asfaltate salvo nei paesini e dintorni, assomiglia molto di più alle comiche degli anni ’50.
Mucche ovunque, in mandrie o da sole, vagando per la strada con i cani che dormono in disparte, bufali anche abbastanza poderosi lungo la strada o che attraversano molto calmamente e poi mandrie di capre e pecore, senza dimenticare donne giovani e meno giovani che vendono fiori e frutta in questi villaggi, tutte vestite con sari splendidamente eleganti di colori che vedi solo sulle cartoline. In 15 giorni ripeto, mai un incidente o simile!!
La prima vera sosta della giornata é in un famoso tempio giainista, Ranakpur, che purtroppo è diventato una sorta di trappola turistica. Siamo a metà strada fra Jodhpur e Udaipur e prima ancora di arrivare a questo tempio, famosissimo per tanti motivi che vi spiego qui di seguito, all’entrata stessa della zona parcheggio & Co c’è un cartello enorme con una trafila di regole da seguire, tra cui nessuna guida personale consentita nel tempio, senza scarpe naturalmente e per le persone di sesso femminile durante il periodo mestruale non è permesso di entrare per motivi di igiene !!
L’intero edificio è scolpito a mano in marmo bianco con centinaia di pilastri o colonne all’interno. Tutto è marmo scolpito, i soffitti a cupola, pareti, tutto molto bello e straordinariamente GRANDE ma prima di tutto non si possono scattare fotografie all’interno del tempio (le foto qui sotto sono state scattate con un apparecchio piccolo piccolo che stava tutto in un palmo di mano e non si vedeva) e riuscire ad avvicinare il centro del tempio stesso é come scalare l’Himalaia senza ossigeno… Peccato, veramente un gran bel posto ma che lascia un certo non so che di amaro in bocca…
Risaliti in auto abbiamo continuato fino a Udaipur e dopo una breve sosta in albergo ci siamo infilati in auto per raggiungere una riserva naturale su a mezza collina o anche di più, il Monsoon Palace (palazzo dei monsoni), noto anche come Sajjan Garh Palace del Maharana Sajjan Singh (1874–1884) del regno Mewar, che lo fece costruire nel 1884, residenza reale con vista sul lago Fateh Sagar. Parlando del lago, la guida ci ha raccontato in lungo ed in largo che un passaggio del film Octopussy con Roger Moore venne girato proprio sul lago e nel grande hotel vicino al lago.
Tuttavia, l’obiettivo principale di questa tappa verso il Monsoon Palace viaggio era quello di guardare il tramonto con il sole che si spegne sulle montagne adiacenti : tutto il cielo diventava rosso sangue e rosa, anche se assomiglia molto a quanto si può vedere a Santorini, in mezzo al mare.
UDAIPUR, SEMBRA QUASI LA SVIZZERA…
Domenica 16 febbraio
Dopo una super colazione, ma sempre di stampo italiota per quanto mi riguarda, guida e autista ci aspettavano fuori alle 9 in punto del mattino ed abbiamo iniziato la scarrozzata giornaliera su e giù per Udaipur e dintorni.
Conosciuta sopratutto come la città dei laghi, Udaipur è talvolta soprannominata la Venezia d’Oriente. Questa città ha un numero di palazzi, che sono rappresentazioni perfette dell’architettura in stile Rajput, palazzi che per la maggior parte sono stati trasformati in hotel, che sono diventati l’attrazione principale per turisti e viaggiatori. Udaipur si trova ai piedi delle montagne Aravalli e fa parte dell’omonima provincia indiana.
Come prima tappa si va in pratica a riscoprire come e quando Udaipur é stata “concepita” ed innazitutto a visitare un museo ex rifugio di caccia interamente dedicato al Re Udai Singh da cui Udaipur, nel 1559 DC, ha preso il nome. Udai Singh si rifiutò di allinearsi con l’impero Moghul di Delhi e i Moghul presero il forte di Chittorgarh, che era l’allora capitale (circa 120 km a nord-est di Udaipur).
Fondò quindi la nuova capitale a Udaipur e dopo di lui, suo figlio Pratap Singh continuò a combattere i Moghul. La battaglia di Haldi Ghati, di cui si parla in lungo ed in largo per motivi che sarebbero troppo lunghi a spiegare qui, fu combattuta tra il re Pratap e l’esercito moghul, battaglia che é sempre rimasta come un baluardo storico della città di Udaipur.
Tutta la zona dei monumenti ha una bella vista sulle colline adiacenti ed il museo ha una galleria d’arte molto interessante con la leggenda/storia degli inizi di Udaipur, i famosi Come, Chi, Quando e Dove. Da lì siamo andati ai bellissimi giardini di Sahelion-ki-Bari, disposti intorno a stagni ornamentali, con fontane e artefizi acquatici sorprendenti, davvero un sorpresone enorme e una delizia da visitare e tutto appartenenti alla famiglia reale attuale.
Le foto qui di seguito rappresentano i monumenti eretti in tutti questi anni per ricordare l’inizio della storia di Udaipur ma anche e sopratutto la battaglia di Haldi Ghati e parte dei Giardini Sahelion-ki-Bari.
Dopo i Giardini ci aspetta una cartolina davvero spettacolare con un giro enorme all’interno del City Palace e quindi aperitivo con la poltrona in pratica nel lago stesso, o quasi ed un tramonto da mozzafiato.
Udaipur ha tre laghi interconnessi, che sono i siti turistici più ricercati della città: Lago Pichola, Fateh Sagar Lake e Swaroop Sagar Lake. Il lago Pichhola è stato interamente scavato e realizzato nel 1362 vicino al villaggio Pichola che ha dato il suo nome. Una marea di turisti ogni giorno, turisti sia indiani che stranieri, che si fanno un giro sul lago e tutto attorno, il tutto circondato da colline lussureggianti, templi e ghat, scalini o anche scale per poter scendere fino al livello dell’acqua.
Quindi il City Palace, che posto ragazzi! Parti sono state trasformate in alberghi di lusso e una parte è ancora la residenza ufficiale del Maharajah e la sua famiglia. Il palazzo è stato ampliato nel corso degli anni ed è ora enorme, con una galleria di cristalli, un museo di oggetti e altro in argento, un museo di costumi e abiti di ogni genere, un museo della musica e di vari strumenti musicali, una galleria di miniature, una galleria con le foto del palazzo con vari membri della famiglia reale con ospiti alquanto famosi nel corso degli anni, quindi un harem, le stanze appartenenti all’ex maharajah, ecc ecc. Tutte le mostre come del resto il museo nella sua globalità sono le fonti principali della famiglia reale.
SVASTIKA & CO
Spesso vediamo in India questo simbolo che ho fotografato sopra una delle entrate principali del City Palace e che ricorda la svastica dei nazisti, ce ne sono a migliaia di questi simboli in pratica sopra ogni grande porta d’entrata ed è in tutto e per tutto un simbolo religioso dell’induismo. Alcune spiegazioni circa l’origine e il significato di questo simbolo chiamato svastica.
La svastica (a volte indicata erroneamente come la svastica invece della croce a forma di svastica) è un simbolo religioso di origine ariana e indoeuropea. Può essere descritto come una croce composta da quattro forche o lati sotto forma della lettera gamma greca, da qui il suo altro nome di svastica.
Questo simbolo è particolarmente usato in Oriente nel simbolismo giainista, indù e buddista, mentre in Cina simboleggia l’eternità.
In Occidente, soltanto la Germania di Adolfo ha preso il simbolo come contrassegno del nazismo.
TAJ MAHAL A GOGO
Giovedì 20 febbraio
Di nuovo, in macchina e per strada, questa volta si va ad Agra.
Avevamo già detto ad Ajay che non eravamo veramente interessati a vedere il Taj Mahal, non voglio per carità sembrare poco rispettoso a proposito di una delle meraviglie del nostro mondo, ma l’idea di farmi spingere o dover spingere per farmi strada a causa degli innumerevoli e quotidiani turisti mi sembrava come un film già visto, parecchie volte. Tuttavia, la nostra guida non demorde e non prende nessun NO come risposta, vai col tango…
Ci siamo arrivati a fine pomeriggio e devo ammettere che Ajay aveva ragione, non c’erano così tanti turisti come avevamo temuto, anche perché la sicurezza all’intorno della zona era stata intensificata visto e considerato che il presidente Trump stava arrivando per una visita ufficiale la settimana successiva.
Ragazzuoli, un mausoleo costruito per amore, l’entrata sola è grande come 4 o più campi di pallone e la porta del mausoleo che vedi dall’entrata principale è di una stazza incredibile che non ti aspetti proprio per niente. Tutto in marmo con quattro torri erette in ciascuno degli angoli, torri che sono leggermente inclinate verso l’esterno per evitare il rischio di vederle sprofondare sul sito stesso in caso di terremoto o simile.
Il Taj Mahal, che significa “la corona del palazzo” è stato eretto sulle rive del fiume Yamuna (foto qui sotto), nello stato dell’Uttar Pradesh. Si tratta di un mausoleo in marmo bianco costruito dall’imperatore moghul musulmano Shah Jahàn in memoria di sua moglie Arjumand Bànu Begam, conosciuta anche come Mumtaz Mahal, che significa in persiano “la luce del palazzo”. Morì il 17 giugno 1631, dando alla luce il loro quattordicesimo figlio (!) mentre accompagnava il marito in una campagna militare. La costruzione del mausoleo iniziò nel 1631 e fu completata in pratica nel 1648, il gioiello più perfetto dell’arte musulmana in India, e uno dei capolavori universalmente ammirati del patrimonio mondiale.
Suo marito, che morì il 31 gennaio 1666, fu sepolto con lei.
Ed è anche uno dei pochissimi posti da visitare in India dove non togli le scarpe ma ti danno un paio di babouches di plastica, come nei film, da infilare sulle tue ed il gioco è fatto.
Volevo prendere una foto sulla stessa panca dove avevano scattato la foto di Lady Di, ma la fila per una foto anche se simbolica, rappresentava un’ora ed un quarto di pazienza, pazienza che non avevo e che penso non avrò mai…
FINE DEL FILM
Venerdì 21 febbraio
Et voilà, si rifanno le valigie che sono diventate il doppio di quanto avevamo alla partenza, che strano…, cerco di rimettere la bussola verso casa ma sta diventando molto ma molto difficile, un fiume di immagini e di momenti particolari affiorano e ricordarli tutti senza scrivere due righe in proposito sta diventando sempre più complicato, che brutto invecchiare…
Quando siamo sbarcati dall’aereo pensavo come un italo/europeo, viaggiato parecchio e quindi non ci possono essere sorprese di alcuna sorta, ma mi sbagliavo, eccome mi sbagliavo. Intanto l’India non è un paese come uno qualsiasi di “casa” nostra, come la Cina è un continente di per sé, si parlano non so più quante lingue o dialetti e la nostra guida ha spiegato che lui conosce solo una decina di idiomi e quando non riesce a farsi capire da un altro indiano di un altra regione, la lingua utilizzata è sempre e soltanto l’inglese, vai a capire perché poi…
Non abbiamo mai visto qualcuno che sbraitava, che si stancava di fare la fila, che passava davanti, una calma proverbiale ed un senso della vita stessa completamente all’opposto del nostro, tutti hanno il diritto di esistere, vivere e morire in pace.
Ci sono “ristoranti” a cielo aperto per tutti coloro che non hanno il necessario per vivere tutti i giorni, nessun escluso come razza, colore o religione, ma quello che più mi ha colpito è senz’altro la marea di colori, di profumi di spezie, di come professano la loro fede, qualsiasi fede, straordinario.
Qui sotto vi ho messo alcune foto sia dell’ultimo giorno passato a Dehli ma anche del giorno precedente ma siccome non ho più scritto niente di niente dopo una certa data, avete solo le foto, sorry… Per la verità, si arrivava in camera da letto e si sprofondava nelle braccia di Morfeo trenta secondi dopo lo spazzolino, mi dispiace ma non ho più 30 anni… E, dulcis in fundo, anche i nostri due accompagnatori, Sunder l’autista e Ajay la guida, una pazienza che ha dell’incredibile ed una scienza infusa per come gestiscono la giornata in funzione dei turisti e delle loro “manie” e ce ne avanza.
CI HANNO SCRITTO