Un paese che cade?
La nostra Paola è appena ritornata da Beirut e ci ha fatto il regalo del resoconto di quanto ha visto e vissuto, il tutto accompagnata da una sfilza di foto e anche qualche video che abbiamo parcheggiato in Fototeca e che potete trovare qui : ALBUM PAOLA
Il Libano…. stavolta ho trovato un paese che cade, si fa male e che non riesce a rialzarsi… ha bisogno di vari ‘band- aids’ e ha bisogno di cambiarli spesso. Ma le piaghe non guariscono mai.
I rifiuti si accavallano in varie zone della citta’, a pochi metri dai bei ristoranti trendy ed eleganti…
Spesso si vede il fumo alzarsi contro alle sfumature serali, specie che il livello diventa addirittura un altro palazzetto multicolore con sacchetti che vanno buttati dalle varie automobili. Si capisce perche’ allora non si possa aspettare che la municipalita’ trovi i soldi per mandare i rinforzi. Si ricorre a quell’arma accessibile a tutti: il fuoco.
Nella scia degli autobus da scuola ci son bottigliette di plastica vuote, peccato che i bambini educati in queste scuole private non sappiano che proprio a pochi metri c’e’ la raccolta dei riciclabili…o perlomeno la pattumiera di casa propria.
Ma non voglio dilungarmi su cio’ che e’ un problema enorme, che sara’ risolto, lo speran tutti, dal nuovo Presidente eletto qualche giorno fa, il Gen. Aoun.
Il Libano che amiamo tutti e’ sempre li’ nel suo scheletro, ma e’ cio’ che riempie la sua forma che e’ cambiata oramai. Per la prima volta gli amici della mia generazione ( e non i loro genitori), mi dicono che ne hanno abbastanza, che non e’ piu’ una vita.
I giovani non conoscono la differenza perche’ son cresciuti cosi’. Ma noi, i cinquantenni e sessantenni, abbiamo conosciuto un gioiello di Libano, e forse si’ eravamo troppo giovani per capirlo, ma le nostre esperienze e i nostri ricordi riflettono lo stato dell’allora paese dove le strade non avevano marciapiedi rotti, dove la ’16’, la forza “elite” della polizia era riverita, e dove si poteva guidare in pace perche’ c’eran poche auto.
Stavolta posso dire che son stata al Libano piu’ come una straniera che come la figlia adottiva del paese…
In un senso mi son interessata di piu’ ai bambini scalzi che si buttano nel traffico coi Chicklets, per cercare di capire perche’ tra gli immobili lussuosi, questi esseri umani son manipolati e abusati da una mafia corrotta. E quando abbassavo il finestrino per offrire 1000 LL (neanche mezzo dollaro) per un pacchetto di Chicklets, erano i bimbi a benedirmi e a ringraziarmi. Nel cuore ero in subbuglio. Come fanno questi piccoli a vivere? Sopravvivere?
Donne velate con neonati in mano chiedevano l’elemosina, gruppi di ragazzini senza scarpe si spostavano assieme per riempire le strade con la mano tesa… Sono cose che mi hanno davvero colpita per il contrasto che esiste fra l’essere umano fragile e l’indifferente.
Non voglio dare l’impressione che non ho speso i soldi, anche se potrei dire futilmente per i cioccolati e i gelati e la bottiglia di vino.
Mi son spesso sentita colpevole.
So che conservero’ anche i bei ricordi, anche se stavolta sono i bambini delle strade che mi popolano la mente piu’ che altro.
Paola
Grazie Paola per questo “reportage” che rafforza la mia decisione di non voler tornare al Libano ma di conservare gelosamente i miei ricordi, non ho voglia di collezionare delusioni!
Tuttavia, e non per contraddire, tutt’altro, posso affermare che il Libano era un gioiello ma anche durante i miei 15 anni di permanenza e quindi tra i miei ricordi vi é sempre stato il GRANDE contrasto tra “lusso sfrenato” da un lato e grande degrado dall’altro; probabilmente, azzardo, sotto forme diverse da oggi.
La mia prima casa era a Zarif, per fortuna aggiungo, per poco tempo, e né la casa né il quartiere avevano nulla a che spartire con l’Imm Tabet in Rue Verdun mia successiva dimora per i miei lunghi anni libanesi….ma i due quartieri non erano poi così lontani! Inoltre e comunque a 2 passi da casa mia dove finivano gli immobili belli vi era una bidonville e noi ragazzini ci affacciavamo da un muretto con una curiositá mista forse al voler regalare ai tanti bimbi, un giocattolo in disuso, una “buza” o delle caramelle.
Da bambini, i Manetti brothers possono confermare insieme ad altri che ahimeh non sono in questo sito, con i nostri genitori ci si ritrovava a casa Giaccai – casa tipicamente araba ubicata non lontano da Verdun e da scuola – circondata da bidonville beduine con sciame di bambinelli che non vendevano chikletz ma chiedevano nostri giochi, merende e quant’altro, con le mamme accucciate che tanto facevano i loro bisogni “solidi” pulendosi poi con un sasso possibilmente arrotondato, tanto si giravano a fare il pane arabo sulla cupola al loro fianco.
Se Souk Frangi era europeizzato, ricordo ancora con “disgusto” il Souk Arabi dove oltre alla puzza di marcio si camminava su stratificazioni datate di scarti di frutta e verdura e probabilmente non solo!
Per fortuna non mi toccava spesso andarci e diventata ragazzina credo proprio di aver smesso di farlo, ma se ricordate “Basta” ricorderete anche che era decisamente culla di degrado sotto tutti gli aspetti.
Di quartieri degradati che confinavano con i ben noti quartieri “chick” ve n’erano parecchi altri, non credo di ricordar male!
É vero ammassi di pattumiera, che oggi in parecchi mi dicono esserci, io non li ricordo, ma la cosa purtroppo non mi stupisce anche perché in Italia é un leit motiv in troppe cittá compresa Roma capitale, in quanto ai bimbi ai semafori sono anni ed anni che nella pseudo Grande Milano, e non solo, tra zingarelli che non fanno nemmeno lo sforzo di vender Cickletz, lavavetri che malgrado il no dettogli gentilmente ti imbrattano il vetro e “artisti di strada” che a semaforo verde tocca schivare non ci facciamo mancare proprio nulla!
Io ormai viaggio poco e se lo faccio evito accuratamente le grandi cittá privilegiando piccoli centri, tuttavia ultimamente son dovuta andare a Parigi e quando sono a Mentone da mio figlio a volte mi tocca andare a Nizza…..che dirvi a parte che il degrado vi regna vicino a bellissimi quartieri, ma questo non dovrebbe essere…in teoria.
Ho guardato la gallery fotografica, é vero vi ho visto un immobile veramente decadente, ma vi assicuro che potrei postare una nutritissima gallery fotografica di immobili, capannoni, zone ex industriali milanesi veramente fatiscenti che diventano spesso ricovero per senza tetto di ogni razza e colore, ma mentre al Libano riesco a perdonarlo/giustificarlo, a Milano, all’Italia non mi riesce proprio di farlo….é dal ’45 che siam fuori dalla guerra e non confiniamo con paesi in guerra il Libano invece ha tutt’altra storia da raccontare ancora oggi purtroppo….
Grazie Paola,
la tua testimonianza è preziosa per un giudizio reale del Libano di oggi, rispetto all’ideale che abbiamo nel cuore.
Sono molto dispiaciuta per tutto quello che hai visto, non pensavo affatto a una situazione così degradata.
Un abbraccio
maria laura