IL CORTILE | SACERDOTI & CO

Filiè Giulio Don

Purtroppo il nostro caro Don Filiè è mancato a Roma, 28/02/1972 a 66 anni. 
Un saluto molto caro e amichevole da parte nostra a tutti coloro che se ne sono purtroppo già “iti”…

Il Cortile

Alunni & Co, SSB

Mancato a Roma, 28/02/1972 a 66 anni

Carissimo Don Giulio, quanti anni sono che non ci vediamo e sentiamo più?
Ogni volta che, per una ragione o per un’altra, capita di parlare di te mi tormenta l’idea di avere un debito nei tuoi confronti che, purtroppo, non sono riuscito a saldare prima della tua dipartita. Quando a Roma hai capito che il Signore stava per chiamarti a Lui, hai chiesto di vedere ancora una volta i tuoi ex allievi di Beirut che ormai risiedevano in Italia. Io in quel periodo ero a Firenze, sotto esami di fine corso Allievi Ufficiali dell’Aeronautica Militare e non mi fu rilasciato il permesso di venire a Roma anche se per poche ore. Mi è stato poi riferito che sul tuo letto di morte in presenza di chi era riuscito a rispondere al tuo appello, dopo aver guardato tutti uno per uno, avresti detto: “non vedo il Nonno”. Evidentemente in un angolino del tuo grande cuore avevo trovato un posto e mi è rimasto questo senso di colpa per non essere riuscito anch’io a porgerti l’estremo saluto.
Oggi però ho mi viene offerta una grande occasione.
Saprai anche tu che, sempre oggi, nel giorno della ricorrenza di San Giovanni Bosco, si inaugura il sito della Scuola Salesiani di Beirut, un altro mirabile frutto di quel mitico incontro dell’8 luglio scorso di cui sai tutto.
Ebbene, come è giusto che sia, viene chiesto a tutti di collaborare con memorie, ricordi e testimonianze affinché quella che ormai chiamiamo SSB si consolidi per noi e per chi verrà dopo di noi come una bellissima storia dalle molte pagine ancora da scrivere.
Ecco, il mio primo contributo sarà appunto il ricordo che ho di te, caro Don Giulio.
Se fossi costretto a descriverti con un solo sostantivo direi “artista” e potendo aggiungere un aggettivo andrei sul sicuro con “poliedrico” . Sì proprio un artista poliedrico.
Non ti ho mai visto disegnare ma sei certamente riuscito a farlo fare a noi tuoi allievi, anche quelli più ottusi: come non ricordare quei capitelli prima disegnati al tratto e poi finiti o con la china o, addirittura con il carboncino.
Le sculture. Ricordo bene che la statua in bronzo di Maria Ausiliatrice che sovrasta la chiesa di El Houssoun fu opera di uno dei tuoi fratelli, realizzata nella natia Pietrasanta. Ebbene, tu che ne sapevi una più del Diavolo, hai ottenuto che fosse spedita nel suo calco, finito poi in uno dei tuoi tanti laboratori ubicati dietro al campo di calcio. Lì, durante le vacanze estive, utilizzando appunto quel calco, hai “sfornato” altri esemplari in gesso, dandomi la possibilità di essere il tuo garzone. Mi hai prima iniziato all’arte della preparazione del gesso liquido, poi a quella della sua colata nel calco e poi ancora, visto che promettevo bene, anche a quella dell’eliminazione delle sbavature fino all’uso della carta vetrata per rifinire i lineamenti.
Il Presepio. Chi non ricorda quale evento fosse la realizzazione sotto la tua preziosa regia, del Presepio, nell’androne principale della scuola dove iniziava la scalinata centrale. Un anno, oltre ai tradizionali corsi d’acqua (quanti secchi nascosti sotto al piano per raccogliere le perdite!) il tuo ingegno ti portò a movimentare alcune statuine incollate su un nastro che si spostava con l’utilizzo del motore di un vecchio giradischi (forse messo volutamente in disuso per l’occorrenza!).
Non so come e perché ti ho avuto come insegnante di educazione fisica (tua l’invenzione della pedana di legno!) anche per l’esame di maturità: dopo la mia prova del salto in lungo ti sei rivolto verso il presidente (esterno) di commissione dicendogli “record scolastico libanese” e sono ancora qui che penso come ti venne in mente una tale affermazione (che artista!).
Ma il tuo pezzo forte rimangono per me le funzioni della Settimana Santa presso le Suore Francesi di Besonçon dove tu eri cappellano. Ho fatto con te tutta la carriera da chierichetto a cerimoniere arrivando a conoscere perfettamente ogni particolare delle funzioni fino al punto di correggerti (quando citavo a tuo discredito il manuale usavi dire “si fa anche come dico io”) quando facevamo le prove al mattino nella nostra cappella! Non dimenticherò mai quel giovedì santo quando, voltando le spalle all’altare e rivolgendoti alle suore decidesti di fare una breve omelia proprio in lingua francese che tu non conoscevi . Le prime parole rimarranno per sempre scolpite nella mia memoria: “Me scer Suor, in quest sacratissim nuit che nostr Signor Gesù Crist a istituit lo Santissim Sacrament….”.
Il resto non lo ricordo perché noi chierichetti siamo scappati dietro all’altare e poi in sacrestia a ridere!
Ti piaceva fare bella figura. Alla vigilia di qualche messa solenne eri solito chiuderti nella tua cameretta e provare a cantare la parte del celebrante. Con la complicità di qualche confratello veniva dato l’allarme e in men che si dica, si formava il gruppo di “ascoltatori” fuori dalla porta in attesa che, terminate le prove” tu uscissi sorpreso nel vedere “quelli del loggione”. Ricordo le difficoltà nell’ intonare l’ “Ite Missa Est”: ti veniva più spontaneo l’ I-t-e-e-e anziché l’I-i-i-i-t-e..
Vogliamo parlare delle scorribande in Vespa e degli ingressi nei retrocucina della Pizzeria Angelo e/o del ristorante di Papà Placenti?
No Don Giulio, lasciamo qualcosa alla fantasia e all’immaginazione di chi legge, tanto il personaggio l’hanno già inquadrato!
E scusami ancora se sono mancato all’appello: tu sai quanto bene ti ho voluto e ti voglio ancora e tienimi sempre in quell’angolino del tuo grande, grande cuore.

Tuo, Nonno. (F.D’Andria)


Don Filiè è stato uno dei primissimi Salesiani con cui sono entrata in più stretto contatto già da bambina.

Come il “Nonno” anche io ho il grande rimpianto di non esser andata a trovarlo prima che ci lasciasse e scoprire che è mancato proprio mentre ero a Roma a fare il corso Alitalia mi lascia ancor più tristezza dentro, purtroppo non lo sapevo e forse nessuno è riuscito a rintracciarmi….Caro Don Filiè ero così vicina il 28 febbraio, se solo l’avessi saputo!

Don Filiè è stato Prof di mio fratello ancor prima di essere il mio, credo che come allieva gli ho dato delle soddisfazioni maggiori tant’è che mi sentivo un pò artista anche io, devo essermi esaurita con lui però perchè non sono andata oltre, anche se i suoi insegnamenti son serviti indirettamente anche ai miei figli!

Lo ricordo vicino al suo laboratorio, la veste sempre un pò stropicciata indaffarato con la sua Vespa, la sua parlata toscana, il suo saper trasmettere allegria anche quando forse lui non ne aveva voglia. Il Presepe, certo che me lo ricordo, per me è rimasto il più bel Presepe che abbia mai visto, soprattutto da bambina quell’acqua “vera” che scorreva mi lasciava sempre senza fiato. Qualche casetta e qualche personaggio gli fu regalato da mio papà: erano dei pezzi “d’annata” facevan parte del Presepio che si faceva a casa dei miei nonni e mio papà ritenne che nessun altro posto sarebbe stato più giusto perchè vi fossero collocati.

Caro D. Filiè l’ho conosciuta bambina, mi ha accompagnato negli anni , oggi come allora è qui con noi, in questa bella grande famiglia, un abbraccio con tanto affetto

(F. Silli)


Don Giulio aveva fatto una copia in gesso dell’originale busto in marmo di Don Bosco che si trovava nel salone di Houssoun, opera del suo più famoso fratello scultore, e decise di collocarlo sotto il porticato della scuola di Beirut, sulla parete che guardava il cortile. Tutto era pronto per la cerimonia della benedizione: quando il drappo fu rimosso e apparve il volto sorridente del Santo, ci fu uno scrosciante applauso, e il petto di Don Giulio si gonfiò di giustificata compiacenza. Seguì l’invito a cantare una lode a Don Bosco, ma prima che qualcuno attaccasse, dalla fila in fondo un liceista (mi sembra che il cognome iniziasse con Zeta …) intonò “Avanti popolo …!”. Don Filié non ci vide più, si lanciò all’inseguimento urlandogli “alcune concise pargolette brevi” in toscanaccio … La salvezza di Z. fu uno di quegli enormi ficus che delimitavano i due cortili, sul quale fece a tempo ad arrampicarsi e sparire… Don Giulio girò attorno all’albero come un mastino, fino al calare del sole, … che non coincise con il calare di Z.

I sacerdoti salesiani uscivano al mattino presto per celebrare la Messa in diverse comunità di Suore e tornavano in tempo per l’inizio delle lezioni; chi veniva prelevato a casa dall’autista delle Suore, chi prendeva il taxi o service, chi andava a piedi … Don Filié andava in Vespa. Talvolta dava un passaggio a Don Giraudo che aveva la sua cappellania lungo la stessa strada: lo “scaricava” davanti al portone delle Suore, proseguiva la sua corsa e poi lo riprendeva al ritorno. Naturalmente, sia all’andata che al ritorno, oltre che guidare, Don Filié si sbracciava per salutare, spiegava, parlava, parlava e Don Giraudo (com’era il suo carattere) ascoltava, pregava e talvolta diceva qualche parola. Un bel mattino neppure mezza. “Deve star male”, pensò Don Filié, che accelerò la velocità delle parole e della Vespa; ma quando fu di ritorno a scuola, si accorse che Don Giraudo non c’era. Sparito! Si guarda attorno incredulo, rimette in moto e parte alla ricerca. Al primo poliziotto che incontra chiede col suo Francese ancora più accidentato dall’emozione: “Avez vous trouvé un pretre petit qui eté sur mon derrière?”. Dai uno, dai due, niente; finalmente arriva nei pressi dell’istituto delle Suore e vede Don Giraudo che cammina zoppicando e toccandosi la gamba: “Cosa le è successo ?”. “Quando lei ha messo in moto, non mi ha dato il tempo di salire in groppa e sono caduto per terra, per fortuna senza farmi del male. E siccome non volevo spaventare le Suore, ho preso bel bello un’altra strada per trovare un taxi. Per fortuna che lei è tornato. Andiamo a casa, ma mi raccomando …!”.

Quando Papa Paolo VI, nel dicembre 1964 di ritorno dal viaggio apostolico in India, fece scalo a Beirut, noi Salesiani andammo a salutarlo all’aeroporto. C’era una folla enorme; lo striscione più lungo disteso dai ragazzi di Beirut era quello che aveva scritto Don Filiè a caratteri cubitali: “Don Bosco ama il Papa”. Paolo VI non poteva non vederlo, affacciandosi dalla terrazza, fece cenno con la mano e commentò compiaciuto coi suoi vicini: “Anche qui Don Bosco è di casa!”.

Alla maturità del ‘67 le cose andarono un po’ alla buona, non perché non fossimo preparati (sia ben chiaro !!) ma poiché, a causa della guerra, non venne il commissario da Roma e tutto si svolse “tra noi”. Durante la prova di disegno ci assisteva in sala Don Filié. Io ero riuscito (non so per quale colpo di fortuna) a finire al carboncino un bel vaso greco, e stavo scrivendo il commento. Passa Don Filié, prende il mio foglio, mi fa le congratulazioni e si allontana. Dopo un po’ torna: “Adesso finisci questo” – mi fa, dandomi il foglio non mi ricordo più se di Iozzia o di Carbonaro …

Le sue condizioni di salute cominciarono a peggiorare agli inizi degli anni 70. Nel Febbraio del 72 fu ricoverato in una clinica di via Castro Pretorio (o Casto Petronio come dicono “li Romani”); dall’Ateneo andavamo ad assisterlo Don Lucio Puddu e io, ma venivano pure a trovarlo diversi ex-allievi: Sandro Zanotto, Tiziana e Maurizio Gai…. Spirò prima dell’alba del 28 febbraio 1972, mentre lo assistevo. I funerali si svolsero nella vicina basilica del Sacro Cuore con la partecipazione di molti salesiani ed ex-allievi: oltre ai suddetti erano presenti anche i Calabresi, Nando Bonapace e altri ai quali chiedo scusa perché non ricordo. Accompagnai la salma fino al suo paese, Vallecchia vicino Pietrasanta: una natura bellissima e un industrioso centro per la lavorazione artistica del marmo di Carrara. Nel giardino della casa di famiglia c’era una magnifica camelia, tirata su a pergola, già fiorita in quella stagione … Capii qualcosa di più dell’animo di Don Giulio.

(D.G.Caputa)


Caro Don Filiè, nello spazzolare il sito mi sono resa conto di non averti raccontato ancora nulla.
Ho un ricordo tuo così nitido ed impresso nella memoria che difficilmente dimenticherò.
Impossibile scordarsi di quando venivi a casa nostra e mi pigliavi in braccio, sulla tua tonaca quasi sempre impataccata, la veglia che hai fatto con noi nel 1956 con il buon Don Zannini, quando sono mancati i miei nonni ed il cipiglio di mia madre quando te ne eri andato, perché agitavi in continuazione i piedi e le lasciavi le strisce sul pavimento!! La cosa mi divertiva un mondo.

Sono cresciuta avendoti sempre come un’ombra vicino a me.
Sono poi arrivata dai Salesiani e tu eri il mio insegnante di disegno, io ero negata totalmente e quindi sia per i compiti in classe che per l’esame di ammissione, ricordo che ti portavamo un vassoio di petit fours ed una bottiglia di vermouth, diciamo …per distrarti, mentre io mi attaccavo al vetro della finestra e ricopiavo il disegno sul vetro.

La tua simpatia ed energia, il tuo essere sempre sorridente, mai burbero, la tua vespa che voleva competere con quella di Eddy, mai riuscito peraltro (dico di Eddy) erano la cornice della tua persona.

Eri il mio “Don Camillo”.
Mi sei mancato molto e purtroppo gli eventi della vita non mi hanno dato l’opportunità di esserti vicino alla fine dei tuoi giorni, ma forse lo ero lo stesso, perché quando ho saputo che te ne eri andato ho sentito un vuoto tale, come se una parentesi della mia infanzia e gioventù si fosse offuscata.
Ma non temere ti tengo stretto nel mio cuore e chiuso gelosamente nel cassetto dei miei ricordi. Ti volevo bene e te ne voglio ancora, se non fossi esistito dovevano crearti. Sei e rimarrai unico.
Ciao caro Don Filiè, un abbraccio anche da parte di tutta la mia famiglia, purtroppo ridotta a solo due sorelle viventi, io e la Gianna.

Tua
Bruna Brughera

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