PRETI SPOSATI : Come la pensa Mario Prosdocimo…

da | 12/04/2017 | SACERDOTI E CELIBATO | 3 commenti

Foto Sweet Ice Cream Photography


Qui di seguito un testo ed una riflessione alquanto interessanti e importanti per il “dossier” di cui stiamo parlando da più di 15 giorni, un testo che ha avuto una gestazione complicata per non dire altro, ma che fa riflettere e parecchio su quanto stiamo discutendo e che, in qualche maniera, porta acqua al nostro mulino da una sorgente o da una fonte completamente diversa.

Prosdocimo mette il dito su altre sfaccettature del dilemma di cui stiamo incrociando le penne stilografiche e lo fa con molto senso critico ma anche con un’analisi del problema visto da tutt’altra parte o, se preferite, da un altro angolo, in termini fotografici.

Augurandovi una Buona Lettura, speriamo di tutto cuore che la risposta di Prosdocimo procuri altre repliche uguali a tutte quelle che abbiamo ricevuto fino ad ora, una gran bella discussione, parola di Diego…

Diego

Er Webmaster..., SSB

Come la pensa Mario Prosdocimo

Caro Diego, dopo tanti ripensamenti, con ritrovata risolutezza e con umiltà cerco di dare una mia risposta al quesito proposto da Don Gianni. A giudicare dalle risposte fino ad ora pervenute so che con questo scritto mi tirerò addosso molte critiche negative, ma ho le spalle larghe e poi sono abituato ad andare controcorrente.

Cercando di farla molto semplice (anche se la questione semplice non è), ti espongo qualche considerazione che in questi giorni mi è venuta alla mente. Mi scuso per la lunghezza dello scritto ma le premesse sono necessarie per poi arrivare al succo del discorso.

Per prima cosa mi sono ricordato di un versetto del Vangelo secondo San Matteo (Mt 19,12): «Vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno di Dio. Chi può capire, capisca».  Quest’ultimo caso è quello di chi liberamente sceglie di non sposarsi per dedicarsi totalmente al regno dei cieli. E poi San Paolo nella questione dal matrimonio e della verginità (ossia della continenza per il Regno di Dio), cerca di motivare la causa, per cui chi sceglie il matrimonio fa “bene” e chi, invece, si decide ad una vita nella continenza, ossia nella verginità, fa “meglio”. Ma va oltre, quando, in riferimento agli uomini che contraggono il matrimonio, scrive: “Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele” (1 Cor 7, 32). E poi “Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore” (1 Cor 7, 28).  Ma proprio grazie a ciò “balza molto chiaramente tutto il significato soggettivo, la grandezza e l’eccezionalità di una tale decisione: il significato di una risposta matura a un particolare dono dello Spirito”. (San GPII).

Questi naturalmente erano consigli per chi sceglieva la “vita consacrata”, non per tutti gli altri.
La norma secolare del celibato, il parallelo valore della castità e perfino quella della verginità sono stati esaltati da personaggi come (pesco a caso nel mucchio) Cipriano, Atanasio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Girolamo e perfino Agostino, che in materia senza dubbio se ne intendeva. Tutti ignoranti o inconsapevoli? Siamo intelligenti soltanto adesso? Inseguendo il “soddisfacimento di bisogni” e gli “impulsi” non vengono forse trascurate l’ascesi, la rinuncia, lo spirito di sacrificio, l’invito “lascia tutto e seguimi”?

Adesso tralascio di addentrarmi in tutta la storia complicatissima del “celibato ecclesiastico”dato che non ne ho la competenza necessaria, ma partendo dalle considerazioni sopraccitate mi sorgono spontanee alcune considerazioni:

Papa Francesco avrebbe intenzione di far fronte alla carenza di sacerdoti sia ordinando i diaconi sia concedendo il matrimonio ai preti secondo varie formule (elencate nella lettera di don Gianni).

Penso che bisognerebbe per prima cosa capire perché si è drasticamente ridotto il numero delle vocazioni sacerdotali e secondariamente perché la formula “vieni a fare il prete dato che puoi anche sposarti” non sortirebbe alcun effetto benefico ma potrebbe solo peggiorare lo stato delle cose.

Riguardo al primo punto, rifacendomi ad una recente comunicazione di Don Matthias Gaudron, penso che bisognerebbe turarsi gli occhi per non vedere che ai nostri giorni la Chiesa cattolica sta subendo una crisi gravissima. Negli anni ’60, all’epoca del Concilio Vaticano II (CVII) (1962-1965), si sperava in una nuova primavera per la Chiesa, ma si è verificato il contrario. Diverse migliaia di preti hanno abbandonato il loro sacerdozio, mentre migliaia di religiosi e di religiose sono tornati alla vita secolare. Ormai le vocazioni sono diventate rare (qui nel bresciano le ordinazioni sacerdotali per anno si possono contare sulle dita di una mano) e non si possono più enumerare i seminari, i conventi e le case religiose che hanno dovuto chiudere i battenti. Molte parrocchie sono rimaste senza sacerdote e diverse congregazioni religiose hanno dovuto abbandonare un numero impressionante di scuole, di ospedali e di case per anziani. «Da qualche fessura, il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio»: questo fu il lamento di Paolo VI il 29 giugno 1972.
Nel 1958, il 35% dei fedeli assisteva alla Messa domenicale; oggi, sono meno del 5% a farlo, e spesso sono anziani. Secondo le parole del teologo progressista Karl Rahner (1904-1984) “il mondo occidentale corre il pericolo di diventare una terra pagana con un passato cristiano e con alcuni rimasugli di cristianesimo”.

Le verità fondamentali come la fede in Dio, nella divinità di Gesù Cristo, nel paradiso, nel purgatorio e nell’inferno sono sempre meno credute. La cosa più inquietante è che questi articoli di fede sono negati anche da persone che si dicono cattoliche e che frequentano regolarmente la chiesa.
La crisi è prima di tutto una crisi di fede. Non solo il numero di coloro che pensano di appartenere alla Chiesa diminuisce, ma anche la maggioranza di quelli che sono ufficialmente membri della Chiesa non possiede più la fede cattolica! Chi nega una sola verità di fede ha perso tutta la fede, perché questa è un tutt’uno e dev’essere ricevuta come un tutto. Così, dunque, se il 72% nega di credere all’inferno, solo un cattolico su tre ha ancora la fede.
Consideriamo solo come le vocazioni sacerdotali abbondino nei seminari di congregazioni tradizionaliste, come la San Pio X o l’istituto Cristo Re, o come erano fiorenti i Francescani dell’Immacolata prima che venissero commissariati e smembrati da un furore, direi, luciferino. Dio concede la grazia delle vocazioni dove si prega e dove la Fede trova il suo terreno adatto per la crescita “Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto….. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e poi secca: poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà fatto”.
Mancanza di fede dunque, iniziando dalle famiglie. Qui era il primo luogo dove veniva insegnata la dottrina e dove si sviluppava la carità. Non erano infrequenti più vocazioni nello stesso ambito famigliare. I genitori erano l’esempio per i figli sia per condotta morale che religiosa.

Oggi però la mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose manifestano una crisi profonda delle famiglie e del clero. Molti genitori e sacerdoti  hanno perso la fede; essi non sono più in grado di comunicarla o di entusiasmare figli e fedeli per essa. Se la fede dei cattolici che assistono regolarmente alla Messa domenicale è in uno stato così penoso, la causa può venire solamente da una predicazione difettosa. Se i sacerdoti insegnassero regolarmente la fede cattolica, la situazione sarebbe completamente diversa. Gli uomini non hanno perso la fede da soli. Gli è stata rubata dalla nuova catechesi e dall’alto del pulpito. Se nella predicazione, per decenni le verità di fede sono state messe in discussione, relativizzate o anche apertamente negate, perché stupirsi se i semplici fedeli perdono la fede? Basti pensare alle recenti dichiarazioni del Generale dei Gesuiti Sosa che mette in dubbio la veridicità dei Vangeli asserendo “chi ci dice che queste fossero le vere parole di Gesù? Gli evangelisti non avevano il registratore!
Talvolta i più giovani non hanno nemmeno conosciuta la Dottrina. Oggi, non è raro che un bambino che si prepara per la sua prima Comunione ignori che Nostro Signore Gesù Cristo sia veramente, realmente e sostanzialmente presente nell’Eucarestia; lo ignora perché il suo stesso parroco non crede più in questo mistero.
La crisi è innanzi tutto una crisi di fede, ma un clero la cui fede è così debole non ha evidentemente più la forza di custodire il celibato ecclesiastico, perché ciò è possibile solamente a colui che è animato da una fede viva e da un grande amore per Nostro Signore Gesù Cristo. Non è un mistero per nessuno che ai nostri giorni un gran numero di sacerdoti intrattenga relazioni peccaminose con una donna, in modo più o meno pubblico (cronaca di tutti i giorni). Ma questo sarebbe il male minore.
Riporto da un articolo di Emanuele Barbieri (corrispondenzaromana.it n. 1287 03/04/2013): “due sacerdoti, l’italiano don Ariel Stefano Levi di Gualdo (Decano emerito di Filosofia della Pontificia Università Lateranense), che nel dicembre 2011 ha dato alle stampe la sua opera E Satana si fece Trino (Ed. Bonanno), e il polacco don Dariusz Oko (docente della Pontificia Università Giovanni Paolo II di Cracovia), hanno recentemente sollevato il dibattito sull’esistenza di una vera e propria lobby omosessuale che esercita, in maniera sempre più coercitiva, una forte influenza dentro la Chiesa, anche ai livelli più alti delle responsabilità ecclesiastiche. La piaga di quella che è stata definita omoeresia, omomafia, omosessualizzazione della Chiesa, è ormai nota e il problema comincia ad essere affrontato da diversi siti cattolici e da studiosi come lo psicologo Roberto Marchesini nella sua opera Omosessualità e Magistero della Chiesa (SugarCo Edizioni, 2013).
Lo scenario è nauseante, fatto di potenti intrecci che coinvolgono prelati e sacerdoti di dubbi costumi, seminari, abbazie, monasteri, dove è pacificamente praticata una vita sessuale tendente all’effeminatezza. In queste istituzioni, talvolta storiche, gli elementi sani rischiano di esser stritolati. In questa situazione di drammatico degrado ecclesiale arrivano sempre più numerose le segnalazioni di seminari e case di formazioni dove si diffondono pratiche sessuali in grave e aperto conflitto con l’etica cattolica, tollerate se non favorite o perfino talora sollecitate dai superiori. Questa sporcizia è stata denunciata dal cardinale Ratzinger durante la Via Crucis del 2005.
Poi i recenti fatti di cronaca (vedi il caso di Krzysztof Charamsa e del suo “amichetto”) a cui tanto spazio hanno dedicato i giornali, nonché le inchieste sulle notti brave di sacerdoti e monsignori nei vari locali “dedicati” o sui siti internet riservati agli incontri “particolari dei soli sacerdoti (vedi REVERENDIS una chat di incontri per preti omosessuali: “uno strumento per superare situazioni di solitudine con il bisogno di un conforto) riportate anche in video sui vari siti di informazione, ne sono l’esempio più recente.

Tutto questo per dire cosa? Che di  quando in quando, allorché emergono problemi e/o scandali nella vita della Chiesa, ecco tornare, sia da parte di laici, sia di certi credenti, il discorso sul celibato dei preti.

Scrive Giovanni Lugaresi (La Voce di Romagna): potrebbe sembrare che (secondo il loro punto di vista), eliminato il celibato, concessa l’autorizzazione al matrimonio, tutto si accomoderebbe: in primis, non ci sarebbero più sacerdoti pedofili. Ma le cronache ci avvertono che pedofili sono soprattutto uomini sposati con prole, (per non parlare della pedofilia femminile presente in grande misura, ma quasi mai emergente nei fatti di cronaca, anche perché l’approccio della femmina sul maschio, sia pure se minore, non viene quasi mai avvertito dal maschio stesso come una violenza).
Ergo… Non si può trovare la soluzione al problema dei preti pedofili eliminando il celibato e concedendo loro la facoltà di sposarsi. Essendo la pedofilia praticata a tutti i livelli di stato civile e da persone di tutte le professioni e di tutti i ceti sociali e culturali.

Certi tribuni dell’anticelibato fanno credere di possedere soluzioni facili, immediate. Vendono illusioni. La Chiesa, abituata a ragionare e riflettere, sa che dietro ogni magia c’è un trucco. In più, ascolta e legge con rispetto e attenzione le parole di coloro che contestano la promessa celibataria. Costoro non parlano e non scrivono di preghiera, penitenza, pietà, sobrietà, umiltà, obbedienza; occhi rovinati sul breviario, ginocchia consumate sui banchi, ore passate nel confessionale. Tra tanto qualunquismo e un pizzico di esibizionismo, coniugano esistenzialismo e socialismo, mai la vocazione alla santità o il mistero della celebrazione eucaristica. Praticano la teologia del corpo più che quella del corpo mistico. Avessero la stoffa e la robustezza morale di un Curato d’Ars o di padre Leopoldo, tanto per giocare in casa, la storia potrebbe essere diversa. Ma quelli non erano pretini.

Perché sì, dunque, al celibato sacerdotale? Perché il vero prete eserciterà sempre, comunque, una paternità, che non è quella della carne, bensì tutta spirituale, e per farlo non può avere impedimenti di sorta, problemi derivanti dal rapporto con la moglie, dall’educazione dei figli, problemi ordinari della gestione famigliare. Si ha dunque il ragionevole sospetto che dalle nozze dei preti nascano più problemi che soluzioni.
Se un sacerdote vuole essere veramente tale e svolgere la sua missione, non si può pensare debba avere altri legami se non quello con Dio e con le anime che gli sono affidate ed altre preoccupazioni se non quella del bene delle anime stesse. Se il ruolo del prete non è più quello della “missione”, appunto, ecco emergere una figura affatto diversa: quella dell’impiegato, del funzionario! In chiesa ci sono poco (provate voi a trovare un sacerdote in chiesa al di fuori della Messa); in confessionale solo mezz’oretta e a giorni fissi; a far visita ai malati con una parola di conforto spirituale e a portar loro la comunione spesso sono delegati i laici. In compenso i preti-funzionari si occupano (e si preoccupano) di cose futili, del tipo: le gite, i pranzi sociali, le sagre paesane, il GREST, per non parlare della cura del proprio corpo (qui vicino ne ho numerosi esempi) ecc. – tutte attività che potrebbero benissimo essere affidate ai laici. Del resto, nella retorica postconciliare non è stato ampiamente sottolineato il ruolo dei laici nella Chiesa? E allora si incominci a restituire al prete il suo ruolo ministeriale, cioè spirituale, e si lascino a uomini e donne compiti e funzioni di carattere pratico, materiale.

Per concludere e per stemperare un po’ quanto ho esposto, ripeto qui quanto ti avevo già scritto: oramai sono pochissimi quelli che ambiscono sposarsi, se non le coppie omosessuali (gay e lesbiche). Gli altri convivono o restano single. Perché mai i preti vogliono rovinarsi la vita prendendo moglie?

Sempre con affetto.

Mario

 

k

ARTICOLO ORIGINALE DI DON GIANNI

Articolo originale di don Gianni, pubblicato il 20 marzo scorso e che ha registrato una reazione spontanea e appassionata di alcuni di noi.

TANTI AUGURI A :

CI HANNO SCRITTO

        Tags : | SACERDOTI E CELIBATO |