Palestina – Il forno dei salesiani a Betlemme: pane, amore e sviluppo

da | 05/04/2023 | AGENZIE and CO | 0 commenti

Foto: Avvenire

Luca Geronico è un giornalista di AVVENIRE che nei giorni scorsi ha fatto un rapido giro per Betlemme e in questo breve flash di agenzia accenna ad alcune iniziative di cui i figli di Don Bosco siamo attivi promotori… Eddy, Marina e tanti ex-beirutini continuano a sostenere il forno dei Salesiani di Betlemme.

Con Luca ci siamo dati l’arrivederci a Milano il 4 giugno in via Copernico, dove suo figlio frequenta i corsi dell’Istituto Tecnico; il mondo è piccolo, o come diceva Maria Lai: “Essere è tessere” e il tessuto delle relazioni è sempre in espansione, continuamente arricchito di infiniti fili multicolori.


AGENZIA SALESIANA | 04/04/2023 | LUCA GERONICO


(ANS – Betlemme) – “Durante il ramadan il forno apre all’una e trenta di notte” spiega in un discreto italiano Ibrahim Matta. Prima dell’alba, in questo periodo di digiuno, arrivano i musulmani e poi alla spicciolata, dalle sei in poi, i cristiani. E il forno dei salesiani, all’incrocio tra Piazza Madbasseh e Paolo VI Street, da 120 anni è aperto per tutti.
“Questa pagnotta si chiama ‘hamam’ che significa piccione per la forma: qui a Betlemme, da sempre, la facciamo solo noi”, prosegue Ibrahim mentre serve i clienti che arrivano poco prima di ricevere il cambio alle otto. Il suo turno è iniziato alle dieci di sera e ha impastato per tutta la notte, con la prima infornata anticipata di oltre un’ora. Quattordici formati diversi, pane bianco e integrale e tutto con “farina, sale, lievito e acqua. E non mettiamo mai lo zucchero così va bene a chi ha la malattia del sangue”, precisa Ibrahim fiero del suo lavoro appreso da panificatori giunti apposta dall’Italia a Betlemme, il cui nome significa “Città del pane”.

È il “miracolo” del pane, che da più di 120 anni si ripete nella città della Natività: farina e solidarietà, come cemento di una comunità che attorno al forno e ai laboratori della scuola professionale salesiana cerca da allora uno sviluppo possibile. E, come si dice ora, sostenibile.

Nel 1863 don Antonio Belloni – missionario di Propaganda fide, poi diventato salesiano – fondò il primo orfanotrofio in Terra Santa. “Il forno inizialmente serviva per sfamare i ragazzi che ben presto divennero quasi un centinaio. La farina era regalata da alcuni donatori: educazione, ma anche la cura dei bisogni primari, come da tradizione salesiana”, spiega don Gianni Caputa, SDB. Pochi anni dopo la decisione di vendere il pane al pubblico: concretezza e solidarietà che hanno attraversato il secolo scorso. Le tesserine verdi che qualcuno appoggia sul bancone sono per chi il pane lo riceve senza pagarlo. Un pane “moltiplicato” grazie alla solidarietà internazionale e all’intraprendenza locale: con dei picchi nel bisogno, come durante la pandemia, con una lista con i nomi di oltre 100 capi famiglia da spuntare entro sera.

La “poesia” del pane di Betlemme è pure il simbolo di uno sviluppo che la Piattaforma delle 18 Ong italiane operanti in Palestina – tra cui alcuni soci Focsiv – continuano a cercare, nonostante la drammatica crisi economica di tutta la regione. Si chiama ‘Start your business’ il progetto triennale lanciato dalle Ong italiane – con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo – per lanciare nuove micro imprese: “Un centinaio di attività sono già state incubate e alla fine saranno 120 le start-up”, spiega Gigi Bisceglia, Coordinatore della Piattaforma: piccole – individuali, o di due o tre componenti – attive nel campo del turismo, dell’artigianato (produzione di sapone e cosmetici) e fornitura di servizi, come ad esempio un call center per la ricerca di medici e la prenotazione di esami del sangue in una realtà dove la sanità pubblica non esiste, oppure corsi professionali per donne e giovani.

“Quello che noi cerchiamo di fare è il tentativo di tradurre sul terreno il modello dell’Economia di Francesco: non c’è nulla di male a fare impresa privata, ma questa deve svilupparsi in modo sostenibile, domandandosi che impatto si vuole aver sulla comunità”, spiega Luigi Bisceglia che insegna pure alla Facoltà di Economia e commercio della Bethlehem University. Piccole imprese che potrebbero impiegare circa 300 giovani e donne seguendo un modello che funziona da oltre centro anni: “In fondo il forno dei salesiani, con la sua capacità di ridistribuire il pane ai più bisognosi, è stato sin dalla nascita una forma di impresa sociale”, conclude Bisceglia. È un’impresa anche far quadrare i conti e riparare le attrezzature, ma è anche una impresa che dura da più un secolo. E nella “Città del pane” si vuole continuare a spezzare sviluppo e solidarietà attorno all’antico forno dei salesiani.

Luca Geronico

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