La scuola «Don Bosco» ha sempre creduto nel talento di ciascuno
Belgio – Kim Gevaert, atleta olimpionica: l’empatia e il ‘credere nelle persone’ erano fortemente presenti in questa scuola salesiana
© Foto originali di Pinco Pallino
Carissimi, che piacere leggere questa intervista! Si respira una sintonia perfetta con i valori che abbiamo vissuto nella nostra scuola di Beirut!
Abbiamo la responsabilità di trasmetterli alla nuove generazioni, o meglio: di coinvolgere i ragazzi e giovani a creare questa atmosfera con la nostra stessa testimonianza.
Un abbraccio.
Belgio – Kim Gevaert, atleta olimpionica: “La scuola ‘Don Bosco’ ha sempre creduto nel talento di ciascuno”
| 07 Giugno 2021 | INFOANS – Haacht |
Dal 2002 al 2008 è stata ai vertici assoluti dell’Atletica; qualche anno prima era una delle migliori allieve della scuola “Don Bosco” di Haacht, in Belgio. Kim Gevaert, atleta dai risultati eccellenti, è stata una brava studentessa ed una grande lavoratrice. Oggi, a 42 anni d’età, dopo 25 anni ha fatto ritorno alla sua vecchia scuola.
“L’empatia e il ‘credere nelle persone’ erano fortemente presenti in questa scuola salesiana – racconta oggi Kim –. C’era attenzione allo sviluppo completo del bambino. La scuola cercava di far emergere i talenti degli studenti e potevi affinare ciò che più ti interessava. L’ho percepito chiaramente”.
“Ricordo ancora quando ero l’anello debole della squadra di pallavolo a scuola – o almeno, io mi sentivo così. Eppure, alla fine sono diventata uno delle corritrici più forti della Nazionale di staffetta. Tuttavia, ero molto empatica con le persone quando commettevano un errore o non erano al meglio della forma. Non ho mai puntato il dito contro, perché capivo come si sentiva quella persona. Beh, questa empatia e quest’umiltà sono cose che ho acquisito qui” ha testimoniato nel corso della sua visita all’istituto di Haacht.
Prosegue l’exallieva ed atleta, Campionessa europea nei 100 e 200 metri piani a Göteborg 2006 e Medaglia d’Oro nella Staffetta 4×100 alle Olimpiadi di Pechino 2008: “Apprezzavo anche i momenti di riflessione. Al sesto anno abbiamo fatto un fine settimana di ritiro silenzioso con le suore. Poi dovevamo stare in silenzio e andare a Messa con loro alle quattro del mattino: momenti come questo ti allargano gli orizzonti. Quelle persone scelgono una vita del genere, e io l’ho comprendo bene. E come genitore, penso che sia importante controbilanciare tutta la miseria che i bambini vedono. Attraverso la fede, dai loro qualcosa a cui aggrapparsi. Poi, saranno loro a scegliere cosa farne. Forse niente, ma forse hanno bisogno di quel qualcosa a cui aggrapparsi per imparare a riflettere o per trovare serenità. Sto crescendo i miei figli come cattolici, ma con una visione ampia del mondo. ‘Che cos’è la fede?’ ‘Che cosa ha a che fare con me?’. Questa visione più ampia della fede e del mondo è il nostro punto di partenza”.
Kim da qualche tempo si dedica anche ai giovani svantaggiati del Congo. “Io e mio marito volevamo fare qualcosa per i bambini del suo Paese natale, il Congo – racconta –. Siamo ben consapevoli di essere cresciuti in famiglie accoglienti, con molte opportunità. E man a mano che cresci, ti rendi sempre più conto di quanto sei stato fortunati. Per molti bambini non è così. Ecco perché ho voluto restituire qualcosa alla società dedicandomi ai giovani del Congo”.
Questo è un estratto dall’articolo apparso su “Don Bosco Magazine”, la rivista della Famiglia Salesiana dell’Ispettoria del Belgio Nord (BEN).
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