Il Papa contro le crociate occidentali

da | 28/03/2023 | MULTICULTURALISMO | 0 commenti

Papa Francesco, 85 anni (© Vatican Media/LaPresse)

Un articolo trovato e letto sul mensile “Le Monde Diplomatique” mi ha lasciato perplesso e con qualche punto interrogativo nei meandri del cervelletto, testo molto chiaro e anche molto documentato con molti appigli e note a fondo pagina.

Il discreto non-allineamento del Vaticano

Il Papa contro le crociate occidentali

L’articolo mette in risalto la situazione in Ucraina per via della guerra ma sopratutto del «discreto non allineamento del Vaticano dove il Papa vuole essere mediatore sulla scena internazionale, soprattutto durante i conflitti armati.» Ma, prosegue l’articolo, «questa posizione tradizionale gli attira le accuse di ingenuità e compiacenza nei confronti di Mosca, anche se la recente storia della diplomazia vaticana rivela un pacifismo più sottile di quanto possa sembrare.»

Dall’inizio della guerra, le posizioni del capo della Chiesa cattolica hanno suscitato il fastidio, persino la rabbia, delle cancellerie occidentali e dell’Ucraina. Nel 2022 per la Santa Pasqua, la Via Crucis organizzata dal Vaticano, durante la quale due famiglie, una russa, l’altra ucraina, portano insieme un crocifisso fino al Colosseo, indegna le autorità politiche e religiose di Kiev, che vedono in essa la volontà di rimandare i due paesi schiena contro schiena.
All’inizio di maggio, il sommo pontefice mette francamente fuoco alle polveri. Interrogandosi sulle radici del conflitto, invoca “l’abbaiare della NATO [Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico] alle porte della Russia”. L’incidente diplomatico è di nuovo sfiorato nel mese di agosto, quando Francesco si commuove per la morte di Daria Douguina, figlia del teorico ultranazionalista russo Alexandre Douguin, in un attentato. “Gli innocenti pagano la guerra”, in pratica ruggisce il Santo Padre in un’udienza generale. Immediatamente, l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Mr. Andri Iourach, si offende su Twitter: “Non si può parlare con gli stessi termini dell’aggressore e della vittima. »Il nunzio apostolico in Ucraina è convocato dal Ministero degli Affari Esteri a Kiev, e il Vaticano precisa, in un comunicato, che questa dichiarazione del Sommo Pontefice deve essere letta come «una voce che si alza per difendere la vita umana (…) e non come una presa di posizione politica», pur denunciando l’invasione dell’Ucraina come «moralmente ingiusta, inaccettabile».

Francesco si vede a volte accusato di ingenuità, a volte di compiacenza nei confronti del governo russo. Questo si spiegherebbe con il riavvicinamento iniziato da diversi anni con il patriarcato di Mosca, in un’ottica ecumenica. Il Papa ha infatti incontrato nel febbraio 2016, all’aeroporto dell’Avana, il capo della Chiesa ortodossa russa, Kirill. Un evento inedito dallo scisma tra cattolici e ortodossi nel 1054. I due leader religiosi firmarono una dichiarazione ritenuta troppo conciliante dai greco-cattolici dell’Ucraina, di rito bizantino ma attaccati a Roma, e a lungo perseguitati dalla Russia. Il testo chiede la ‘riconciliazione dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi’ e deplora il ‘confronto in Ucraina che ha già portato via molte vite’.

Il sommo pontefice, tuttavia, ha condannato l’invasione dell’Ucraina già il 27 febbraio, tre giorni dopo l’inizio dell’operazione. Come racconterà più tardi, è andato di persona, il giorno dopo l’aggressione, all’ambasciatore russo in Vaticano per chiedere un’udienza al presidente Vladimir Putin, a cui quest’ultimo non ha mai dato seguito. “L’Ucraina è stata aggredita e invasa”, scrive ancora inequivocabilmente in un libro pubblicato il 14 aprile in italiano, passato inosservato in Francia (1).

Porta aperta al dialogo

Anche Francesco non ha risparmiato le sue critiche al patriarca Kirill, garante spirituale di Mosca dal 2009. Afferma di avergli ordinato di non essere un “chierico di stato” o addirittura “il bambino del coro di Putin” (2). Il suo tono nei confronti del Cremlino si è persino indurito di fronte alla minaccia dell’uso di armi nucleari. A metà settembre, per la prima volta, sull’aereo che lo portava in Kazakistan, ha considerato “moralmente accettabile” per armare la resistenza ucraina all’aggressione russa, purché questo aiuto non fosse motivato dal commercio di armi o dalla volontà di accentuare la guerra. In seguito, ha paragonato l’aggressione dell’Ucraina a due tragici episodi del XX secolo: l’Holodomor, grande carestia in Ucraina causata dalle politiche di Joseph Stalin nel 1932 e 1933, e la non meno mortale operazione ” Reinhard”, condotta dalla Germania nazista nella Polonia occupata nel 1942 e nel 1943 contro ebrei e rom.
Rimangono tuttavia due costanti: gli appelli al cessate il fuoco, ma anche il fatto di non designare mai il signor. Putin come principale responsabile del conflitto – anche se lo ha implorato all’inizio di ottobre di “fermare la spirale di violenza”.Sarebbero anche legati: “Il Vaticano ha impiegato molto tempo per parlare dell’aggressore, della Russia, perché bisogna sempre tenere la porta aperta al dialogo, è nella grande tradizione del Vaticano”, decifra così Nicolas Senèze, giornalista di La Croix.

Le radici di questa tradizione vaticana risalgono al XIX secolo. A partire dal 1870, con la perdita dello Stato Pontificio, che privò il papato di gran parte del suo territorio, la Chiesa cattolica riconfigura il suo ruolo diplomatico, in particolare a partire dal pontificato di Leone XIII (1878-1903), come quello di mediatrice tra le grandi potenze. Gli accordi larali, firmati nel 1929 tra la Santa Sede e l’Italia, stabiliscono che il primo “vuole rimanere e rimarrà estraneo alle competizioni temporali verso gli altri Stati e alle riunioni internazionali convocate per questo oggetto, a meno che le parti in controversia non facciano un appello unanime alla sua missione di pace, riservandosi in ogni caso di far valere il suo potereCiò non gli impedisce di riconoscere l’autodifesa. “Finc’è il tempo che il rischio di guerra persiste, che non ci sarà un’autorità internazionale competente e con forze sufficienti, afferma la costituzione pastorale Gaudium et Spes del 1965, non si può negare ai governi, una volta esaurite tutte le possibilità di risoluzione pacifica, il diritto di legittima difesa. »

Forti di questi principi, i successivi papi generalmente si astengono dal dare il loro sostegno alle guerre occidentali. Nel 1962, durante la crisi dei missili, l’appello alla pace di Giovanni XXIII favorò i negoziati tra John F. Kennedy e Nikita Krusciov. Il Vaticano si opporrà sempre all’embargo su Cuba, pur criticando le violazioni delle libertà (3). Se Giovanni Paolo II, fermamente anticomunista, si avvicina al presidente Ronald Reagan per indebolire il blocco orientale negli anni ’80 (4), condanna comunque le azioni militari di Washington contro l’Iraq nel 1991 e soprattutto nel 2003.

Dopo un Benedetto XVI ritirato sulla scena internazionale, Francesco vuole rilanciare la diplomazia del Vaticano. Nel gennaio 2014, nel suo primo discorso al corpo diplomatico, si riferiva a Benedetto XV, che, durante la prima guerra mondiale, chiedeva la superiorità della “forza morale del diritto” sulla forza “materiale delle armi”. “In diverse occasioni fece propria la famosa esclamazione di Paolo VI alle Nazioni Unite, nel 1965: “”Mai più guerra!”! »

Il vescovo di Roma mescola a questa eredità pontificia il suo stesso stile.“ Si dice che non sia un teorico, ma non è del tutto vero, sottolinea Senèze. Si è formato in filosofia ed è stato influenzato dalla teologia del popolo, secondo la quale il Vangelo si incarna in culture particolari. Ramo della teologia della liberazione elaborata principalmente nell’Argentina peronista, la teologia del popolo radica la giustizia sociale nella fede cristiana, pur dando uno sguardo critico al marxismo. Questa influenza spiega in parte l’insistenza di Papa Francesco sulle disuguaglianze sociali, l’ecologia o le migrazioni, ma anche una maggiore attenzione alle “periiferie” del mondo, rompendo con il tradizionale eurocentrismo vaticano per interessarsi maggiormente ai paesi del Sud (5).

Questa ottica lo ha portato più di una volta a prendere le distanze dalla Casa Bianca e dai suoi alleati. Nel 2013 si oppose a un intervento militare di Parigi e Washington in Siria contro il regime di Mr. Bashar Al-Assad, preoccupato per un rischio di escalation. A differenza degli occidentali, la Santa Sede mantiene la sua ambasciata a Damasco, proprio come in Iraq. Sempre in Medio Oriente, François critica l’uso di droni, robot assassini o intelligenza artificiale da parte dell’esercito americano, nonché il ritiro dell’accordo nucleare iraniano da parte del presidente Donald Trump nel 2018 (6). Nello stesso anno firmò un accordo con Pechino riconoscendo i vescovi nominati dal regime, esponendosi a una fionda nella Chiesa clandestina cinese ma anche negli ambienti cattolici americani (7). “Mentre ci sono voci, soprattutto tra i cattolici in Cina, che dicono che bisogna continuare ad opporsi al regime fino a quando non cade, come è stato il caso in Russia, decifra Jan De Volder, storico cattolico membro del movimento Sant’Egidio, che lavora per la pace e propone la sua mediazione in alcuni conflitti, il Papa e la diplomazia Dove Giovanni Paolo II era “il papa di una guerra tra due blocchi”, spiega il giornalista Senèze, Francesco sarebbe un “non allineato” in una “ Chiesa globalizzata e multipolare”. Francesco non vuole essere “il cappellano dell’Occidente (8)”, spiega il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, a proposito dell’Ucraina. “si rifiuta di fare ciò che Kirill ha fatto per la Russia”, avanza da parte sua il signor. Alfonso Zardi, delegato generale dell’antenna francese di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace.

Il pontefice argentino non perde mai un’occasione per denunciare l’inflazione dei bilanci militari. Vede sorgere una terza guerra mondiale, combattuta “a pezzi”, attraverso vari conflitti, altrettanti terreni di scontro a distanza dalle grandi potenze. Poco interessato alla strategia militare, Francesco insiste sul suo assoluto rifiuto della guerra. Tanto che nell’ottobre 2020 si è impegnato in una messa in discussione inedita, nella sua enciclicaFratelli tutti, dei criteri della “guerra giusta”, “che oggi non sosteniamo più”, precisa-t-il. “Quindi non possiamo più pensare alla guerra come a una soluzione, poiché i rischi saranno probabilmente sempre maggiori dell’ipotetica utilità che le viene attribuita. »

Ritorno di un pacifismo fondiario

Concetto già presente in Cicerone, la “guerra giusta” fu sviluppata da sant’Agostino nel IV secolo e poi soprattutto da san Tommaso d’Aquino nel XIII secolo, al fine di qualificare il pacifismo di principio dei primi cristiani. Secondo questa dottrina, l’uso delle armi può, a determinate condizioni molto precise e restrittive, essere moralmente ammesso. “Questa è una questione difficile per i cristiani a causa dei passaggi del Vangelo che sono chiaramente non violenti”, afferma Mr. Christian Mellon, sacerdote gesuita del Centro di ricerca e azione sociale, a Saint-Denis. Se è stata relativizzata nella Chiesa per tutto il secolo scorso, questa dottrina figura ancora nel Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992. Rompendo con la tradizione diplomatica del Vaticano, Francesco torna al pacifismo fondiario e sostiene l’abolizione delle armi nucleari, non limitando più il loro uso. Egli denuncia il ‘potere economico-tecnocratico-militare’ con il quale i ‘potenti’ dominano il mondo (9). Propone di versare le spese militari in un fondo globale per “eliminare la fame e favorire lo sviluppo dei paesi più poveri”.

Il Papa propone i suoi buoni uffici tra Mosca e Kiev. Se, per il momento, solo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky lo ha invitato a esercitare una mediazione, si stabilirebbero contatti diplomatici.“ Ci sono già cose in questo senso? Se è così, non lo urleremo sui tetti. È qualcosa che si fa sempre con una certa discrezione”, ci confida un diplomatico del Vaticano che ricorda il ruolo svolto da François nel riavvicinamento tra i presidenti Barack Obama e Raúl Castro (10). Il Papa sembra isolato, pacifista convinto in un’epoca in cui “tutti sono in uno spirito un po’ va-t-en-guerre”, soprattutto in Occidente e nell’Europa orientale, secondo De Volder. Dicendosi “pessimisto”, il vescovo di Roma afferma tuttavia: “Dobbiamo fare tutto il possibile affinché la guerra finisca (11). »

«Timoteo di Rauglaudre»

Giornalista, autore del libro Les Moissonneurs. Viaggio iniziatico sulle tracce della teologia della liberazione, L’Escargot, Parigi, 2022.


(1) Papa Francesco, Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace, Solferino, Milano, 2022.

(2) Luciano Fontana, “Asintervista a Papa Francesco: “Putin non si ferma, voglio incontrario a Mosca. Ora non vado a Kiev””, Corriere della Sera, Milano, 3 maggio 2022.

(3) Marie Gayte, “La mediazione di Papa Francesco tra L’Avana e Washington: rottura o continuità nella diplomazia pontificia? », IdeAs, n° 10, 19 dicembre 2017.

(4) Marie Gayte, “Gli Stati Uniti e il Vaticano negli anni 1980. Al di là della “santa alleanza””, Ventesimo Secolo. Rivista di storia, n° 111, Parigi, 2011.

(5) Bruno Joubert, “La diplomazia della Santa Sede”, Pouvoirs, n. 162, Parigi, 2017.
(6) Blandine Chelini-Pont, “La diplomazia di Papa Francesco, tra rivoluzione e reazioni” (PDF), Rivista internazionale e strategica, n° 117, Parigi, 2020.

(7) Nicolas Senèze, Come l’America vuole cambiare papa, Bayard, Montrouge, 2019.

(8) Agenzia I. Media, “Guerra in Ucraina: Papa Francesco non è “russophile”, insiste il cardinale Parolin”, Famiglia cristiana, Parigi, 9 agosto 2022.

(9) Contro la guerra, op. cit.

(10) “La mediazione di Papa Francesco tra L’Avana e Washington”, op. cit.

(11) Corriere della Sera, op. cit.

Papa Francesco, Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace, Solferino, Milano, 2022.

Luciano Fontana, “Aintervista a Papa Francesco: “Putin non si ferma, voglio incontrario a Mosca. Ora non vado a Kiev””, Corriere della Sera, Milano, 3 maggio 2022.

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