Grida di rabbia e disperazione

Dall’ottobre 2019 ad oggi la situazione in Libano sta andando di male in peggio. Le crisi si succedono, una più grave dell’altra
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Dall’ottobre 2019 ad oggi la situazione in Libano sta andando di male in peggio. Le crisi si succedono, una più grave dell’altra.

Dal 19 ottobre, inizio della rivoluzione popolare contro tutta la classe dirigente, la sua inefficienza, il clientelismo e la corruzione dilagante, all’arrivo del coronavirus nel febbraio 2020 che ha paralizzato gran parte della vita economica del Paese, già molto fragile, e ha lasciato decine di migliaia di persone senza lavoro, e quindi senza reddito e senza alcuna copertura sociale, fino alla duplice esplosione del 4 agosto nel porto di Beirut, che ha causato circa 200 tra morti e dispersi, migliaia di feriti, 300.000 senza tetto e la distruzione di interi quartieri della città, è una serie ininterrotta di disastri. La doppia crisi di governo, di cui la seconda è tuttora in corso, non fa che aggravare la situazione.

È per questo che grida di rabbia e disperazione non sono rare, ma sta pure emergendo il meglio dell’anima del popolo libanese che sa mobilitarsi nei momenti della prova e sa quindi mostrarsi solidale, supplendo, almeno in parte, all’inerzia delle autorità. Infatti, dall’indomani dell’esplosione e prima ancora che si mettesse in moto la macchina degli aiuti internazionali, migliaia di cittadini di tutte le confessioni, soprattutto giovani, armati di arnesi da lavoro, si sono uniti per sgomberare strade e abitazioni dai detriti e per portare soccorso a tante persone rimaste bloccate, e magari ferite, nelle loro abitazioni.

In questo contesto di slancio nazionale che sta coinvolgendo individui e associazioni, non poteva mancare l’intervento dei figli di Don Bosco. Già ben tre volte una squadra di giovani del Movimento Giovanile Salesiano ha partecipato a operazioni di sgombero e di primo soccorso, visitando famiglie danneggiate per rendersi conto dei danni e dei bisogni più o meno gravi ed urgenti. Tra queste famiglie, abitanti tutte in quartieri popolari gravemente colpiti, cittadini libanesi, ma soprattutto rifugiati iracheni e siriani dei quali già ci si stava occupando in modo regolare da alcuni anni, ma pure rifugiati sudanesi in condizione di estrema povertà. Le richieste più comuni riguardano medicine e viveri, ma pure la riparazione di porte e finestre sfondate dalla terribile esplosione. La risposta a queste richieste è ormai avviata e continuerà in base agli aiuti di cui si potrà disporre.

A queste iniziative si è aggiunta pure quella di accogliere a turno, nella casa di El Houssoun, in montagna, attualmente disponibile per la sospensione delle attività estive a motivo della pandemia, famiglie di rifugiati iracheni e siriani con feriti e bambini sotto choc. Offriamo loro il trasporto da Beirut e il soggiorno, mentre loro si autogestiscono. Il passare alcuni giorni in un ambiente tranquillo e sereno, soprattutto per i bambini, tra cui alcuni feriti, permette loro di distendersi e rimuovere la brutta esperienza che hanno vissuto. Tra i feriti, segnaliamo in particolare il caso di un bambino iracheno di 9 anni. Trovandosi per strada al momento dell’esplosione, è stato letteralmente sollevato in aria, per cui, cadendo, si è fratturato una gamba ed ha riportato altre contusioni.

Questa è la realtà nella quale siamo immersi e nella quale ci sentiamo non solo operatori umanitari, ma seminatori di serenità e di speranza. Per continuare tutte queste belle iniziative contiamo sempre sulla generosità di cuori sensibili e solidali.

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