Don Bosco visto da Paul Claudel
… Voi altri tenetevi le vostre teorie, le vostre dispute e il vostro Governo. Io ho intorno a me tutta questa folla di ragazzi che cresce e con me impara a conoscere il buon Dio! Tutta questa folla che con me impara a leggere e a servirsi delle proprie dita …
Foto originale tratta dal sito dell’articolo stesso
Carissime e Carissimi ex-Beirutini/Hussunioti, facendo seguito alla pagina di storia che ci ha regalato Flavio D’Andria sull’inno/bandiera “Don Bosco ritorna”, vi auguro buona festa del nostro comune padre, maestro e amico con una pagina sempre attuale del poeta e drammaturgo francese Paul Claudel.
Continuiamo a pregare Don Bosco per il Libano, nostra patria adottiva, perché i Libanesi sappiano trovare la soluzione agli attuali problemi.
Cordiali affettuosi saluti e la benedizione del Signore a tutti voi.
Giovanni Bosco è tra i santi cantati da Paul Claudel nella corona benignitatis anni Dei. Nel suo Journal, il 31 gennaio 1938, festa di don Bosco, il poeta annota: «Mi viene improvvisamente l’idea di scrivere un poema su Giovanni Bosco e la attuo quasi di getto». Ad attrarre Claudel e a infondergli fiducia è anzitutto il volto del santo, definito «patrono dell’eterna adolescenza»: «Si vede subito che non è solo un santo, ma un uomo onesto. È chiaro come un mattino di maggio, tondo come una mela. Mi piacciono questi capelli folti arricciati sulla fronte e questa impressione di forza e di agilità che egli procura. Dovunque questo Bosco metta la mano, vi si sente l’autorità, autorità e dolcezza, amore di Dio e amore di questi suoi fanciulli poveri. Dovunque ci siano fanciulli poveri, egli si ritrova».
In questo accordo tra «autorità e dolcezza» e tra amore di Dio e amore della gioventù, il poeta ha reso con profondo intuito i tratti che contrassegnano il carisma di don Bosco, così come è felice l’immagine della Chiesa da lui auspicata: una Chiesa popolata da questa gioventù e da questa povertà «con la stella del mattino sulla fronte», edificata «a grandi colpi d’ascia e di martello», «che lavora e che canta a squarciagola», e lui, il santo, che sta in mezzo ai giovani, per ordinarli, per renderli saggi, per parlare loro e consolarli, e distribuire i sacramenti.
Scrive Claudel, cogliendo ancora perfettamente i variegati e multiformi aspetti del ministero e della missione di Giovanni Bosco: «E lui in mezzo ad essi, come Mosè, pieno di ordine e di sapienza, e di parole, e di consolazioni e di sacramenti». «È lui — prosegue — che rifarà il mondo, e sa in che modo: Voi altri tenetevi le vostre teorie, le vostre dispute e il vostro Governo. Io ho intorno a me tutta questa folla di ragazzi che cresce e con me impara a conoscere il buon Dio! Tutta questa folla che con me impara a leggere e a servirsi delle proprie dita. “Il Padre mio non cessa di lavorare con Me, e Io lavoro con lui”. Ascoltate questo, figli miei, poiché sono le parole di Gesù Cristo. Nel lavoro nessuno può fare a meno di tutti gli altri; in un turno di braccia, tutti insieme ci si impegna a continuare la creazione, che ci appartiene».
E così è posto in evidenza ed esaltato un terzo aspetto dell’opera educativa di don Bosco: l’educazione al lavoro, inteso come associazione e conformità a Dio e a Cristo, incessantemente all’opera; il lavoro elevato, si direbbe, a dignità teologica. «“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e sovraccaricati”, dice il Signore». Ecco «la croce e il Mio corpo quando ne vogliate mangiare»; «Io ve l’avrei detto ci fosse qualcosa di migliore».
La croce e il corpo di Cristo: sono il dono e il ristoro largiti a fine settimana a chi ha lavorato. «Domani sarà domenica, l’operaio, impregnato di ferrugine e di olio si lava, ha indossato la sua camicia bianca. Ed esigendo ciò che gli è stato insegnato, che è simile a pane e simile ad acqua, come un figlio e come un ragazzo si getta tra le braccia di san Giovanni Bosco»: è l’aperto e vivace oratorio domenicale salesiano.
E qui il poema si fa preghiera perché accolga con animo paterno, qualunque sia la sua età, chi lavora per il pane quotidiano: «Ecco, padre, tra le vostre braccia quest’uomo colmo di semplicità e di confidenza e di meccanica: Diteci, è vero che andremo tutti in cielo? Padre, adesso so lavorare e mi cresce la barba sul mento, ma non è una ragione perché cessi di essere il vostro ragazzetto»; «Apro il cuore e apro la bocca, e voi, Padre, dite a Dio che mi doni il pane quotidiano, che doni a tutti i miei compagni la giustizia, poiché si è cristiani. Si è ricominciato a credere in Dio»; «L’essere vecchio non è un motivo per cessare di essere dei fanciulli»; «I fanciulli, gli uomini, le donne: sono stretti da un solo vincolo, tutti insieme sono intimamente uniti: nella loro piccolezza sono una cosa immensa »; «Pregate per noi, Giovanni Bosco, patrono dell’eterna adolescenza!».
Alla sua scuola Paul Claudel vede rinascere la dignità e la fede popolare. Nel fanciullo educato nell’oratorio si fissa un’impronta, che resterà incancellabile e che lo accompagnerà fino all’età adulta e fino alla vecchiaia, nel permanere della freschezza operosa e gioiosa dello spirito.
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Dall’Osservatore Romano del 31 gennaio 2012.
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