Don Bosco in Egitto : Ricordo anch’io quel collegio

da | 21/10/2009 | IMMAGINI DI MEMORIA | 4 commenti

Foto tratta dall’album di  Vittorio  Morpurgo


Sempre a proposito della storia dei salesiani in Egitto, eccovi un altro ex-allievo alle prese con ricordi, annedoti, esperienze e reminiscenze varie, questa volta però siamo più in là con la clessidra…

Diego

Er Webmaster..., SSB

Ricordi di Vittorio Morpurgo

Leggendo i vari notiziari dell’Aide che ho trovato molto interessanti, é subentrato quindi in me, il desiderio di raccontare aneddoti vari, divertenti e non, relativi al periodo trascorso nei collegi di Don Bosco, ad Alessandria ed al Cairo a Rod El Farag, sia come interno nei due collegi e come esterno al Cairo, sino alla fine del ginnasio.


I tre anni del liceo li ho fatti privatamente con i fratelli Giorgio e Lodo Orvieto, in Cairo, ed avevano adibito alcuni locali del loro appartamento per le classi. Eravamo un bel gruppetto di studenti, maschi e femmine. Ricordo alcuni nomi: Steinhoffer, Paola Tiné, Nunzia de Pasquale, Magda Lubrano, Fischetti).
Gli esami finali ufficiali si svolsero a Don Bosco. Ma torniamo all’argomento principale e cioè gli anni passati a Don Bosco.
Quindi… via con il diario di ricordi:

Istituto Salesiano Don Bosco – Alessandria – 1937
I ricordi sono vaghi e faccio sovente uno sforzo per cercare di ricordare quel periodo. Perché sono stato “chiuso” a 9 anni in collegio ad Alessandria, nell’anno 1937, assieme a mio fratello gemello Veneto.
Prima di proseguire debbo precisare che mio padre Nelson Morpurgo, alla nostra nascita, con spirito patriottico ha voluto darci i nomi di Vittorio e di Veneto.
Dopo questa premessa, ritorniamo al perché di questa decisione. E’ molto semplice, perché eravamo delle birbe, bambini scatenati (9 anni) e nostra madre impazziva a tenerci a bada.

Quindi, decisione drastica e siamo diventati due “interni” con il numero 38 e 39; numerini prestampati su tessuto e cuciti su tutta la biancheria. Nella retta mensile era inclusa la clausola “prima tavola” per avere il dolcetto, dopo la frutta. Dormivamo in grandi camerate ed il nostro sorvegliante, un novizio, dormiva in un angolo della camerata, nascosto da grandi tende bianche candide (privilegio della privacy). Sveglia alle 6, lavarsi con quell’acqua gelida, in inverno, colazione e chiesa. Doccia una volta alla settimana. Dopo la giornata di studio, pranzo, giochi vari nel grande cortile, si finiva poi dalle 5 alle 7 di sera nello ” studio”, salone immenso con banchi, trascorrendo quelle 2 ore a studiare, leggere o disegnare, nell’assoluto silenzio, e sorvegliati da un sacerdote da una cattedra alta.

Questo sacerdote, che Dio lo benedica, si chiamava Don Castellino, alto, magro, dal viso arcigno e occhiali neri, e guai se facevi rumore o facevi cadere un oggetto: veniva ritirato.
Una volta mi é caduta la matita ed ha voluto che gliela portassi. Inutile é stata la mia debole protesta ed allora, preso da un accesso di rabbia e ribellione, ho spezzato la matita in due pezzi. Non l’avessi mai fatto, fui punito con il “palo” l’indomani, cioè stare per un’ora in piedi vicino ad una colonna di cemento e guardare gli altri giocare.
Sempre durante le ore di studio, Don Castellino una volta se l’era presa con un altro interno di cognome Cantafio, e con la nocca del dito medio lo colpiva sulla testa rasata… Tanto, diceva sorridendo, a lui non gli fa male… é calabrese.
Eravamo quindi alquanto terrorizzati da lui mentre gli altri (e mi dispiace non ricordarne i nomi) erano delle persone deliziose.

Penso che ci fosse anche il cinema all’interno del collegio.
Ultima cosa..: l’avevamo soprannominato “bolbol”. Non lo so perché… Altra nostra ribellione con relativa punizione é stata quando a tavola, avendo il diritto al dolcetto, ci capitavano sempre i soliti “pan di Spagna”. Il rito del dolcetto si svolgeva in questo modo: nella sala mensa, i “grandi” erano seduti vicino all’ingresso, penso delle cucine e noi piccoli, eravamo in fondo al tavolo e quando entrava l’inserviente con il grande vassoio dei dolci, i grandi prendevano quelli più buoni ed a noi rimanevano i soliti pan di Spagna. Un giorno, con mio fratello ed altri, abbiamo deciso di ribellarci ed abbiamo quindi schiacciato con la forchetta il dolce riducendo il tutto ad una palla, sulla quale abbiamo infilato uno stuzzicadenti…
Non l’avessimo mai fatto… Tutti al palo.

Ma poi il sistema cambiò e la distribuzione del dolcetto avveniva a giorni alterni iniziava dai più piccoli ed il giorno seguente dai grandi. La nostra protesta era servita a qualcosa. E così trascorrevano i giorni ed i mesi, sino al periodo pasquale quando c’era il ritiro.
Per 3 giorni, dovevamo andare in chiesa continuamente senza poter giocare in cortile, al massimo si poteva giocare a biglie, e guardavamo con tristezza i nostri attrezzi da gioco come il cerchio ed i trampoli, il pallone. Facevo parte anche del coro e si preparavano i canti per la santa messa pasquale.
Durante l’anno si svolgeva pure il campionato di catechismo, ad eliminatoria con altre scuole. Si dovevano memorizzare pagine intere di catechismo con grande festa alla premiazione del campione. Sono stato eliminato al primo turno.

Non parliamo poi delle gite domenicali. La domenica indossavamo l’uniforme del collegio e si andava sempre in soli 2 posti: il cimitero ed il porto, fra le balle di cotone e le navi mercantili. La nostra gioia, quel giorno quando abbiamo visto un sottomarino!
Una volta ogni quindici giorni ricevevo visite dalla mamma, che veniva in treno, portando con sé un vassoietto di paste (non c’era il pan di Spagna) e l’annuncio della visita mi veniva fatto dal bidello che urlava: Morpurgoooo… in parlatoriooo…

Grande fu la mia gioia quando si tornava a casa alla fine dell’anno scolastico e con le vacanze dimenticavo il trascorso. Questa é stata la parte discutibile della mia esperienza in collegio. Quello che mi ha stupito, ricordando da grande quel periodo, fu il sistema di insegnamento certe volte assillante con quelle regole severe (vedi anche l’assurdità di quel campionato di catechismo), ma efficace visto che mi ha portato ad un livello più che discreto di professionalità. Piacesse o no, quello era il sistema che vigeva in quel periodo. Molte cose sono cambiate da allora portando il sistema a meglio comprendere la mentalità giovanile.

Questi sono i miei ricordi del collegio , non tutti particolarmente positivi, ma sia quelli belli che quelli meno gratificanti  mi hanno forgiato per quello che sono oggi.

Vittorio Morpurgo

TANTI AUGURI A :

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