Cosa significa dire addio al Bristol?

L’hotel Bristol era una parte fondamentale del significato della città, un bel luogo a me familiare, dal bel tempo splendido, insegna di progresso, di cultura, di spazi reciproci…

Foto originale tratta dal sito ad hoc


Carissimo Diego carissimi tutti e tutte, il nostro amico Yussef Saouly mi ha mandato il testo arabo di questo articolo comparso su An Nahar che il suo e nostro comune amico SLEIMAN BAKHTI (uno dei ragazzi dell’oratorio della Scuola fondato dai chierici Bashir, Al Prince e dal coadiutore Michel Boulos, animato da chierici Flavio Giovenale & Co, da don Jacques Amateis, don Tiziano ecc….) ha scritto sulla chiusura definitiva del Bristol.

Don Gianmaria Gianazza lo ha tradotto in Italiano (col permesso implicito dell’autore) e io ho il piacere di inoltrartelo perchè tu lo posti sul sito. Aggiungo solo che Sleiman, professore e giornalista di carriera, scrive ricordando alcune pagine di storia letteraria, culturale, di “costume e di politica” che sono state scritte/recitate o impostate nei locali del Bristol.

Una testimonianza di prima mano. Con un comprensibile velo di rammarico e nostalgia.
Ci risentiamo

Don Gianni

SALESIANO DOC, SSB

Cosa significa dire addio al Bristol?


Suleiman Bakhti | Al-Nahar 23.4.2020 | Traduzione Don Gianmaria Gianazza sdb 


Cosa significa per una persona dire addio ai suoi luoghi? Perdere qualcosa della tua memoria, mentre sei preoccupato del tuo presente e dell’amarezza dei giorni, e ti preoccupi del futuro. Temere dei molteplici trasferimenti e del fatto che il luogo non ci assomigli più e che noi non gli assomigliamo.

L’Hotel Bristol è uno dei punti di riferimento della città, il cui recapito chiude definitivamente le pagine e sigilla le porte. Una storia della storia della città, un pezzo caro dalla amichevole vicinanza, uno dei cimelii di Ra’s Beirut cade. L’hotel imponente per l’antichità era un nostro familiare come gli abitanti del vicinato. Passavamo vicino all’inizio degli anni settanta, uscendo dalla scuola italiana o andandovi. Ci fermavamo con stupore davanti al guardiano “Amin”, che apriva ai clienti la porta dell’auto o la porta di ingresso con un gentile protocollo. Ci dava i quadratini di ghiaccio con acqua fresca quando avevamo sete ed era buio.

L’hotel impresse il suo nome a tutta la zona di Ra’s Beirut da al-Hamra e Verdun, al-Snubra e al-Sanaʾeʿ, e diede il suo nome al primo incontro dell’opposizione alla presenza siriana in Libano. 

Fu costruito nell’anno 1950, con i proprietari della famiglia Doumit, su disegno dell’ingegnere francese Jean Royère (1902-1981). Fu diretto per qualche tempo da Giorgio Rayyes, uno dei migliori cuochi del Libano e del mondo arabo. Sami Atallah racconta che quando Giorgio Rayyes si recò in Francia, fu ricevuto dal proprietario del ristorante Maxim di Parigi, e che egli gli destò meraviglia preparando 32 piatti di melanzane. Il ristorante fu famoso per i suoi piatti, specialmente al venerdì con al-Ṣayādiyyah e il pesce fritto oppure con la sua arte nel preparare i dolci. Una volta l’amico dell’Arabia Saudita, Ibrahim al-Nuǧaydi (Dio abbia misericordia di lui!), che amava tantissimo il Libano ed era cliente dell’Hotel Bristol, mi raccontò che uno dei suoi sogni era l’acquisto di questo hotel, o di avere alcune azioni in esso.  

L’hotel ebbe ospiti e presidenti famosi: Jacques Chirach, il re Hussein, Elias Sarkis, che vi faceva gli incontri e i raduni in vista della presidenza nel 1976, poi andava a dormire nell’hotel Carlton. Fu suo ospite il musicista Muhammad Abd Al-Wahhab, e pure Riyad al-Sumbati nel 1981; con le canzoni di Fayrouz. Aveva un tocco intellettuale e culturale ed era un polo di attività per la società negli incontri politici, economici, culturali e sociali: riunioni del Lyons, presentazione e firma di libri. Al Bristol mi sono incontrato con il poeta Mahmud Darwish, mentre firmava il libro “Perché ho lasciato solo il cavallo”; al Bristol abbiamo lanciato il libro “Beirut” di Amin al-Basha in occasione di Beirut, capitale mondiale del libro 2009. Amin al-Basha firmava e dipingeva, arricchendo con il suo libro Beirut e i suoi ammiratori, da un luogo degno d Beirut, per la sua storia e la sua cultura. Nel Bristol abbiamo lanciato nel 2011 il libro “Personalità luminose nell’Università Americana” di Michel Geha, con la collaborazione dell’associazione degli ex-alunni dell’università, alla presenza del presidente Salim al-Hoss. E ci siamo incontrati pure nell’occasione della prima commemorazione della dipartita della scrittrice Emilie Nasrallah, con i suoi familiari, amici e simpatizzanti. Al coffee shop abbiamo bevuto diecine di caffè, trascorrendo graziose ore con Rashid al-Daʿif, Giubran ʿArigi, la ricercatrice Ilham Kallab al-Bsat, Giorgio Shami, e abbiamo visto la prima copia del suo libro “Un lungo racconto in una vita normale”.

L’hotel Bristol era una parte fondamentale del significato della città, un bel luogo a me familiare, dal bel tempo splendido, insegna di progresso, di cultura, di spazi reciproci.

Come possiamo fissare il luogo nella lingua?
Come erigere una spazio libero all’apice del discorso?
Come permettere al luogo che è al cuore del suo posto di fuggire da lui stesso e dai suoi familiari?
Come non rendersi conto del fatto che il luogo si associa ai ricordi e alla vita?
Come rinunziare alla nostra grande testimonianza riguardo al luogo, e come lasciare che la vita rigogliosa si spogli?

La nazione è fatta di luoghi, di personalità, di celebrità; quando cadono questi, o quelle, o alcuni, una parte del nostro animo cade con loro, e allora i muri dell’oscurità e le legioni delle tenebre ci distruggono.


ARTICOLO ORIGINALE IN ARABO QUI :
https://aleph-lam.com/2020/04/25/ماذا-يعني-أن-تودّع-البريستول؟/

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