Da Beirut a Padova | Prima tappa : Beirut – Adana
©Foto Mappa scovata su Internet …
Ve lo dico subito, guardare la strada che abbiamo fatto in quei giorni mi ha fatto rizzare quei pochi capelli rimasti in testa, roba da matti ma anche un ricordo che mi sono portato dietro tutti questi anni…
Faceva molto caldo, non ricordo più se eravamo in Luglio o Agosto, la memoria non mi aiuta più di tanto purtroppo, ma sono sicurissimo che il viaggio l’abbiamo iniziato in uno di questi due mesi, non c’erano altre alternative dato che sia papà che Luigi dovevano tornare per il loro lavoro.
La famiglia Casini in pratica al completo é venuta a salutarci e anche augurarci un buon viaggio, non so più quanti eravamo ma ci avevano offerto un pranzo in un ristorante sul mare poco distante dalla frontiera fra il Libano e la Siria, pranzo che, con il senno di poi, assomigliava molto all’ultma cena prima dell’esecuzione, si rideva parecchio a tavola ma attimi di un certo nervosismo e apprensione si potevano notare sulle facce di molti, non era da tutti i giorni un viaggio del genere!
Finito il pranzo, una “colonna” di auto ci hanno accompagnato fino a pochi metri dalla frontiera, eravamo tutti con i Visti e Lasciapassare obbligatori per poter oltrepassare in pratica mezza Europa dal Medio Oriente di quell’epoca e lasciamo gli “accompagnatori” in Libano e ci inoltriamo sulle strade siriane cantando a squarciagola una vecchia canzone italiana, forse era anche e sopratutto il nervosismo che si stava accomodando in testa a parecchi di noi. Fa un caldo della malora e papà chiede a tutti noi dietro di aprire i finestrini, non eravamo ancora equipaggiati con l’aria condizionata come ai giorni nostri. Mamma é seduta a sinistra proprio vicino alla finestra e purtroppo il giorno successivo la pagherà molto cara, mentre Daniele ed io saltavamo sul sedile posteriore per la contentezza oltre che alla novità particolare di un viaggio del genere : sembravamo esploratori alla ricerca del tesoro ma dopo un quarto d’ora è arrivata la sentenza dell’autista paterno che ci ha obbligato a continuare la cosidetta “espolarazione” in sottovoce o quasi, non si scherzava quando il paternale domandava qualcosa!!!
Luigi ha un librone aperto in grembo, librone che era una di quelle “Carte/Mappe Stradali” che si trovavano in quel periodo, e controllava il percorso ogni cinque minuti, anche perché talvolta o molto spesso le indicazioni stradali erano in arabo stretto stretto e a parte Luigi, si faceva molta fatica ad individuare la direzione giusta per arrivare ad Adana in territorio turco, sosta della prima notte del viaggio. Papà aveva anche una “mappa” che indicava le stazioni di servizio che servivano anche la benzina super, molto importante la mappa e ve lo spiegherò in un prossimo capitolo, ma la prima parte del pomeriggio l’abbiamo trascorso a controllare tutti la strada da seguire e le cittadine e villaggi che oltrepassavamo diretti in Turchia, sembrava tutto molto semplice…
Si seguiva una specie di “scaletta” per le ore dell’autista dietro al volante, per le sosta per il pranzo al sacco e per le soste per i nostri bisogni naturali : mamma si sarebbe occupata del pranzo al sacco durante una delle soste in un paesino/cittadina qualsiasi, Luigi e papà stabilivano le distanze e la direzione da prendere, mentre Daniele ed il vostro webmaster pensavano più che altro a come e cosa fare per riuscire anche a giochicchiare nei momenti in cui la Ford Falcon aveva il motore spento. Provate ad immaginarvi più o meno otto ore e più al giorno seduti in macchina, mio fratello Daniele in pratica dieci anni ed il sottoscritto dodici, convinti che si sarebbe potuto giocare in qualche maniera da qualche parte per la strada. No kidding…
Arriviamo alla frontiera con la Turchia ed il sole stava scendendo con una certa velocità, stavamo attenti tutti per riuscire a “tradurre” le indicazioni stradali che non erano più in arabo ma in TURCO, lingua parlata dai turchi e ottomani ma con i cinque italiani in macchina che arrancavano per trovare il filo della matassa del viaggio.
Notte nera per strada, paesino dopo cittadina ci avviciniamo al nostro “bivacco” e dopo aver designato all’unanimità Luigi come portavoce, il povero Luigi faceva gli straordinari in arabo sopratutto per riuscire a trovare qualcuno che sapesse dove si trovava la Locanda (!!) dove due o tre camere ci stavano aspettando.
Mamma sta malissimo, a causa del finestrino aperto ha collezionato una dissenteria straordinaria, obbligando papà seduto al volante a delle ricerche del posto all’ombra per dare alla mamma la possibilità di “svuotare” il condotto gastrico all’esterno della Ford e non sui sedili. Ha sofferto per quasi due giorni ed ha trascorso questi due giorni distesa sul sedile posteriore, con uno fra Daniele ed io seduto in mezzo fra l’autista ed il suo secondo mentre l’altro lasciava in qualche maniera l’intero sedile posteriore alla mamma per distendersi e restare coricata la gran parte del viaggio. Poveraccia, non si è mai lamentata e in quel periodo le stazioni di servizio in Turchia, come del resto in Bulgaria e nell’allora Jugoslavia, erano molto “sparse”, quindi ve lo potete immaginare il viaggio iniziale della mamma!
Arriviamo poco fuori Adana, qualcosa comme 550 o forse anche di più chilometri, vi ricordo che le autostrade non erano ancora state cogitate, disegnate o costruite e dopo una ricerca alquanto stressante si riesce finalmente a trovare il pannello illuminato dell’albergo per la nostra prima sosta : quando parlo di “albergo” sono leggermente al di sopra della realtà, stanze con 2 letti per camera, un lavandino, il gabinetto comune alla fine del corridoio e una marea di pulci e altri insetti “saltatori” che non ci hanno in pratica lasciato dormire neanche per un secondo.
La povera mamma ha passato la notte al gabinetto, cercando di non disturbare nessuno, dormito poco anche lei!
In ogni caso una Buone Notte a tutti e al prossimo capitolo : Adana – Istanbul, tutto un programma!
CI HANNO SCRITTO