Czesława Kwoka, adolescente polacca di 14 anni

da | 19/03/2018 | MULTICULTURALISMO | 0 commenti

Erano parecchi giorni che pensavo di accodarmi al vagone che ne ha già parlato, descritto e commentato queste foto che fanno ritornare le menti a parecchi anni fa …

Diego

Er Webmaster..., SSB

Il 12 marzo del 1943, Czesława Kwoka, una adolescente polacca di 14 anni è purtroppo scomparsa dovuta ad una iniezione di “Fenolo”, utilizzato in quei tempi come se fosse una vaccino qualsiasi (sic!), direttamente nel cuore.
Secondo le testimonianze di un sopravvissuto del Campo di Concentramento, Wilhelm Brasse, che tra l’altro ha anche scattato le foto di cui sopra e sotto, « la poveraccia era stata innanzitutto picchiata da una delle guardie », annota il Memoriale d’Auschwitz che ha pubblicato tutto questo su Twitter, settanta cinque anni (75) dopo la sua morte, le foto ritratto della ragazzina, con il taglio del labbro inferiore…

Un’artista brasiliana, Marina Amaral, dopo aver visto le foto della ragazza ha voluto a tutti i costi renderle giustizia e ha colorato digitalmente tutta una serie di foto scattate appunto in quegli anni, artista che si è oltretutto espressa anche su Twitter con un commento tutto particolare.
« Czesława Kwoka aveva solo 14 anni, ma ha avuto un coraggio molto più grande di quanto possa averlo io. Se mi faccio anche il minimo taglio ad un dito, è già la fine del mondo. Mentre lei, poveraccia, è stata picchiata da un kapo e sulle foto dà un’impressione di una forza particolare. E tutto ciò è apparso anche e di più dopo aver riuscito la messa in colore delle foto, si possono notare i lividi ed il sangue rappreso sul viso. »

Sulla versione a colori dell’immagine, il triangolo cucito sull’uniforme della ragazza è di colore rosso. « Czesława era considerata come una prigioniera politica dato che viveva a Zamosc. E’ rimasta nel campo di concentramento per un periodo di soli tre mesi prima di essere uccisa, meno di un mese dopo la mamma, Katarzyna Kwoka, che purtroppo ha subito lo stesso trattamento », racconta Marina Amaral.

« Guardate gli occhi di Czesława. Ho sempre considerato che il fatto di restituire i colori a particolari foto, dia una maggiore sostanza alle sembianze del viso, come in questo caso ben preciso. Ho sempre affermato che ci si può identificare più facilmente a determinate persone quando possiamo capirle meglio attraverso quello che raccontano gli sguardi, il viso, le sembianze. Potrebbe sembrare assurdo dover passare per un “trapianto digitale” ma se questo è uno dei pochi accorgimenti per riuscire a captare le ultime “parole”, gli ultimi pensieri o anche gli ultimi appigli di raziocinio delle persone di queste foto, ben vengano e non cambio assolutamente niente a quanto fatto. »

« Tutto questo non ha niente a che vedere con la sottoscritta o con il mio lavoro ma bensì con le proprietà intrinseche dei colori che riescono a cancellare quasi del tutto l’appiattire, lo standardizzare delle foto di questo tipo, tutta questa gente che ha vissuto tanti anni fa, famiglie intere, amici e parenti che hanno purtroppo vissuto momenti veramente difficili, che non sembrano essere del tutto spariti in certe parti del mondo. Guardate gli occhi di Czesława, stanno raccontando tutto … »

La messa a colori di queste foto è stata possibile solo perché i suddetti clichés sono ormai di “dominio pubblico”, cioè senza il timbro del copyright dopo tutti questi anni, e la stessa Marina Amaral ha confermato che non ripeterà questa esperienza salvo nel caso in cui lei ha tutte le carte in regola e le debite autorizzazioni per poterlo fare.

Guardando i telegiornali odierni viene da pensare che Marina Amaral non ha ancora finito di “lavorare” con i colori…

Foto Thomas Martinsen

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