Buona Festa di Don Bosco – 2018
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Carissime e Carissimi, il 31/01/2018 segna una ricorrenza annuale per noi tutti molto significativa.
Questa volta desidero lasciare la parola a Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI, il papa dei nostri giovani anni, il Papa che come pochi ha penetrato l’animo di don Bosco educatore e amico dei ragazzi, “il prete da cortile“!
Buona lettura e buona festa.
Don Gianni
PS – Entro quest’anno Paolo VI verrà proclamato Santo!
Pubblicato il 01/07/2017 | G-B. MONTINI | Estratti dalle omelie del 31.01.1961 e 31.01.1962
Ogni anno, per la festa di don Bosco, l’allora Cardinale G-B.Montini incontrava i ragazzi delle scuole salesiane di Milano e parlava loro “a braccio”, improvvisando, del loro grande amico. Si diventa amici stando insieme, sforzandosi di conoscersi, comprendersi e aiutarsi… Ebbene, don Bosco, libero da complessi di superiorità, ha saputo precisamente mettersi in mezzo ai ragazzi, vivere insieme con essi, accoglierli così come sono. Non ha mortificato o respinto le manifestazioni più spontanee della loro età, le ha capite, accolte ed educate; è venuto incontro al loro bisogno di gioco e di istruzione, di orientamento professionale e di preghiera …, con una serie articolata e organica di interventi e di opere (oratori, cortili e cappelle, laboratori e scuole …) che costituiscono la sua «formula educativa».
Essa si caratterizza da una parte per la stretta unione della vita dell’educatore con quella dell’educando; dall’altra, per l’unificazione armonica di tutte le dimensioni del processo di crescita del ragazzo.
«Don Bosco è un prete: lo vediamo sempre vestito da sacerdote. A prima vista sembrerebbe non simpatica la figura d’un uomo vestito di nero in mezzo ai ragazzi, che sono invece pieni di letizia e di vivacità. Don Bosco, invece, è diventato amico dei ragazzi. Ma in che modo? Perché ha saputo unire la religione alla ricreazione. Si direbbe che non si possa unire la religione al gioco. E invece questo vostro santo amico non ha proscritto il gioco, non ha rimproverato i ragazzi cui piace giocare, non ha bandito dal suo programma educativo la ricreazione, anzi ne ha fatto un capitolo speciale, ed ha sviluppato l’attività del gioco, ha creato teatrini, palestre, cortili; ha cercato che i suoi giovani si avvicinassero a lui, e non in fila come tanti soldatini o come tanti chierichetti, ma come ragazzi che corrono, che cantano, che gridano, che si divertono. E si è messo in mezzo a loro ».
Anche tra lavoro e religione ai suoi tempi vi era distacco e perfino opposizione. Don Bosco invece, «ha saldato, con vincoli esterni e con vincoli interni del vostro cuore, questa amicizia e questa alleanza fra lavoro e preghiera, fra lavoro e chiesa, fra officina e casa di studio e di preghiera.
Ha fatto un quadrilatero: la chiesa, la scuola, il cortile, l’officina. Questa è la formula di don Bosco, la formula che interpreta tutta la vostra attività, la raccoglie e la santifica.
«Abbiamo degli esempi che hanno preceduto don Bosco: quanti Santi sono stati maestri ed educatori! Don Bosco ha, direi, fatto un’ alleanza con la scuola, ancora più stretta che gli altri santi, perché ha tanto associato la vita religiosa con la vita scolastica, che ha obbligato i maestri a convivere con voi, a mangiare con voi, a giocare con voi, a pregare con voi. Ciò ha stretto ancora di più i vincoli tra scuola e chiesa, e del prete ha fatto un maestro, e del maestro ha fatto un educatore, e dell’educatore ha fatto un uomo capace di iniziare gli altri ai più alti gradi della vita umana, cioè al contatto ed al colloquio con Dio».
Infine Montini presentava il modello della perfetta maturità umana e cristiana, cioé la persona di Gesù Cristo: «Questo è il segreto di don Bosco, ed è quest’arte che l’entusiasmò e furono i suoi ragazzi che lo resero folle di passione e capace di tutti i sacrifici per quest’opera grande che non ha l’eguale, quella di cavare dai piccoli uomini delle stature e delle creature come Dio le ha concepite: figli della terra e figli del cielo. Don Bosco tirò fuori l’uomo dai suoi ragazzi. Tirò fuori l’operaio, il giovane operaio nuovo, il professionista, lo studente, l’uomo completo, dalle virtù naturali energiche e robuste, virili e costanti, ma non soltanto l’uomo a cui mira, in fondo in fondo, l’educazione profana, che non conosce questi segreti profondi dell’anima umana. Tirò fuori l’uomo, direi, com’era Gesù: ambivalente, che vuol dire […] dalle due nature. Tirò fuori l’uomo e il cristiano, l’uomo umano e l’uomo divino, l’uomo della terra e l’uomo del cielo, l’uomo completo».
(Estratti dalle omelie del 31.01.1961 e 31.01.1962)
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