IL CORTILE | ALLIEVI

Solferini Giovanni

giovannisolferini@yahoo.co.uk
1964
Edimburgo – Scozia
05/01/1948

Mi sono laureato in economia e commercio a Roma, dove ho lavorato fino al 1977. Dopo un anno in Africa, dal 1979 mi sono trasferito in Scozia dove ho avviato e sviluppato per 15 anni la filiale di un grosso gruppo italiano dell’ imballaggio.

Dal 1994 ho avviato una azienda di engineering e importazione di macchine per imballaggio dove lavoro con mio figlio, e che ha ora una filiale in Italia, dove produciamo e compriamo macchine.

Ho due figli e una figlia pittrice e due nipotini di cui una a Sidney.

Noi interni (o internati?) del periodo fino al 1964 non siamo presenti finora sul sito della scuola di Beirut e penso non a caso.

Il regime era oppressivo, non si usciva durante il trimestre che con gli scouts e un mezzo pomeriggio al giovedi per camminare sulla Corniche con un prete o chierico per supervisore. La domenica si andava ancora tutti insieme al cinema della parrocchia, sai che divertimento!
Poi non c’era ALCUN riscaldamento, si gelava tutto l ‘inverno io avevo tre maglioni e i mutandoni lunghi e per quei tre inverni ho avuto la bronchite cronica. Sapete tutti benissimo come fossero freddi gli inverni di Beirut.
La mattina ci alzavano alle 6 e alle 6.30 messa tutti i giorni dopo le abluzioni con acqua fredda, l’acqua calda era limitata (anche d’inverno) a una volta a settimana per la doccia, sai che olezzi specie d’estate.
La sera benedizione e rosario quasi sempre. La domenica ci alzavamo alle 6.30 (che pacchia ragazzi!) alle 7 messa. Poi colazione piccola ricreazione fino alle dieci con messa cantata e la sera benedizione e rosario.

Ne ho messe via per 20 anni di messe comandate!

Il mangiare era pietoso e dovevamo renderlo appetitoso con valigie di vettovaglie e salse varie integrative portate da casa all’inizio del trimestre.

A chiudere il cerchio c’era anche l’ umiliazione della censura della posta in partenza e in arrivo, tutte le lettere venivano aperte, anche se i preti chiudevano un occhio e di fatto ne facevano una formalita’. Ma l’ autocensura pare funzionasse.
Come abbiamo finito noi della classe del 1964, hanno liberalizzato tutto con gli interni che uscivano il fine settimana e con la unificazione delle scuole maschile e femminile e’ finito anche il regime di separazione dei sessi.

Eravamo proprio i soliti sfigati.

Il povero Weber, che da americano abituato a vivere in un paese liberale, non si dava pace a dover sottostare a questo regime di internamento e di semi clausura si era dato al bere, aveva una bottiglia di whisky nascosta nell’ armadietto. La scuola di Beirut gli costo’ la vita, depresso e stanco di quella vita oppressiva, fu’ bocciato agli esami e a quel tempo, se li bocciavano, gli studenti americani partivano per il Vietnam. Anche lui se ne ando’ per non piu’ tornare.

Piero Silli era in classe con me assieme a Bernardo Gustincic, che perse il padre appena iniziata la facolta’ di medicina e dovette abbandonare gli studi medici per motivi economici pur essendo un genio della materia, con tutti trenta e lode. Che peccato.
Piero (che non era internato ma sapeva come ce la passavamo noi, penso per questo non si sia fatto vivo sul sito) era matto spaccato, guidava la FIAT 1800 blu del padre da kamikaze, quando andavamo al seminario per i ritiri spirituali e per preparare la maturita’ ci lasciarono tirare un po’ di fiato e Piero guidava giu’ dalla montagna sgommando sulle curve con al filo burroni paurosi e senza alcuna protezione, con me, Bernardo e Giorgio Conti al seguito. Era tanto il desiderio di uscire che rischiavo la pelle con il caro Piero pur di andare in citta’ e scappare dal ghetto.

Di Bernardo Gustincic ho parlato a lungo nel profilo che ho messo sul sito questa settimana e vi rinvio a quello, magari vi fate qualche risatina..

Giorgio Conti era anche lui un caro amico, si arrampicava come un gatto su da per tutto. Lui, Gianpaolo Mara e Weber andavano la sera in cima agli alberi del cortile della scuola per fumarsi in pace una sigaretta senza farsi tradire dall’ odore. Io, che soffrivo (e soffro) di vertigini li guardavo con invidia la su’ a 10 metri e facevo la guardia in basso.
Giorgio poi aveva perfezionato un atto acrobatico che consisteva nello scavalcare la balaustra delle scale interne della scuola, aggrapparsi alle sbarre di ferro della balaustra, proprio in basso vicino al pavimento del terzopiano e dondolarsi nel vuoto a tre piani di altezza (considerando anche il seminterrato dove c’era la mensa) sapendo che cosi’ mi faceva morire di paura.
Giogio era il bello della scuola, piu’ portato al successo con le ragazze (quando rientrava a Damasco dove viveva con la famiglia) che non ai successi scolastici, infatti fini’ nel 1965 perdendo un giro.

Sia per noia, vuoi per un raptus mistico o che, il donnaiolo della scuola un giorno annuncio’ di punto in bianco che voleva diventare prete e parti’ per il seminario della montagna.

Bisogno’ che arrivassero madre e padre da Damasco per ricordargli (e anche ai salesiani) che era ancora minorenne e che se voleva poteva prendere il saio dopo i 18 anni. Cosa che poi non fece che sappia io.
Caro Giorgio, che fai nella nebbia di san Donato Milanese? Non sarai mica finito all’ Eni?

Ci sono ricordi belli, cari amici lasciati indietro nella vita, come Gianni Miggiano che ritrovai a Roma all’Italcable dove lavorai durante gli ultimi due anni universitari (facevamo entrambi i telefonisti internazionali notturnisti) e che ha fatto una bella carriera nel sindacato autonomo, diventando segretario nazionale dello SNATER, persona tutta di un pezzo e amico fidato. L’ho perso di vista dopo che lasciai Roma.
Il fratello Bruno (Porchetto) e’ rimasto lo stesso solo piu’ bianco!

A tutti un abbraccio, chissa’ dov’e’ Bernardo non ne so’ piu’ niente.

        Tags : | 5 | GENNAIO |