Allacciare rapporti umani tramite scherzi vivaci
Foto sempre dalla Bacheca
Il decesso di don Paoloni in quelle tragiche circostanze, mette in luce pure una serie di fatti ed episodi che ci fanno credere alla forza della fede e della carità, in un contorno e un fondo di bontà che non si improvvisa…
Carissime e Carissimi, ho consultato l’archivio della nostra casa e riletto la Lettera Mortuaria che don Morazzani scrisse a due mesi dalla morte di don Paoloni… Vi allego alcuni brani che mi sembrano significativi.
Dai seguenti brani della Lettera mortuaria che don Guglielmo Morazzani, direttore della Scuola Salesiana di Beirut, scrisse il 19 ottobre 1976, emergono tratti distintivi della persona di don Aldo Paoloni e circostanze storiche importanti.
“Nel 1970 don Paoloni venne incaricato dell’amministrazione della scuola di Beirut. In questo compito importante e delicato, per il quale pareva particolarmente dotato, si rivelò esatto ed attento in tutto. Abituato fin dai primi anni ad una vita austera e di lavoro, divenne vigilante e severo di fronte agli sprechi e nello stesso tempo umano e comprensivo, fino a prevenire le necessità di confratelli e di giovani. Per queste caratteristiche si guadagnò la piena fiducia dei superiori, dei confratelli e delle famiglie dei giovani. Sapeva esigere il giusto, con tatto amichevole ed efficace.
Al primo contatto con don Paoloni si rimaneva un po’ sconcertati per il suo fare sbrigativo e leggermente scanzonato. Presto però ci si accorgeva che amava allacciare rapporti umani con lo scherzo vivace, nell’intento di rendersi amici coloro che lo avvicinavano; e realmente ebbe molti amici. Pratico e concreto, dotato di spirito di osservazione, nulla gli sfuggiva. Sobrio nei complimenti, sapeva apprezzare la bontà ed attività dei confratelli, e con larghezza di cuore passava sopra gli inevitabili difetti e limiti umani che coglieva. Intuitivo e schietto, esprimeva all’interessato le sue impressioni ed osservazioni, senza fronzoli e contorni, ma anche senza asprezza e durezza, cercando di chiudere possibilmente con una schietta risatina. Aveva pure il dono di sdrammatizzare situazioni imbarazzanti, particolarmente quando si trovava di fronte a persone buone, ma timide ed impressionabili. Molti rievocano anche le ore di sollievo che la sua voce eccezionalmente bella rallegrava con canti, e che in chiesa egli faceva risonare, limpida e pastosa, con soddisfazione ed edificazione dei presenti.
In Beirut rimase al suo posto di lavoro, anche quando altri confratelli, alla fine dell’anno scolastico, lasciarono la casa. Era in progetto un avvicendamento e don Paoloni avrebbe dovuto recarsi in patria. S’accorse però che la sua presenza era utile al direttore, che pochissimi giorni prima era stato chiamato in Italia per decidere su quanto la grave situazione di emergenza poteva imporre per la nostra scuola di Beirut. Don Aldo Paoloni si trovò, forse, in conflitto, tra due richiami ugualmente umani e cristiani, che non possono lasciare indifferente un sacerdote. La sua terra del Friuli era stata gravemente colpita dalle scosse telluriche che commossero il mondo intero. Parenti stretti, conoscenti ed amici, dopo aver perduto tutto o quasi, vivevano sotto le tende. Ma in Beirut c’era molto da fare. Oltre i confratelli e giovani, anche famiglie che avevano perso ogni cosa, si trovavano nella necessità urgente di avere casa e pane. La Provvidenza si servì di persone che volevano bene ai nostri, perché si curavano dei loro figli, e si servì di don Paoloni. Durante tutti i quindici mesi [iniziali, della guerra …] si è dato da fare perché in casa non si mancasse del necessario; la cosa non era facile e comportava molti rischi. Durante l’erogazione dell’acqua che avveniva senza un programma prestabilito e nelle ore più impensate (mezza notte, le due, le tre del mattino), sollecitamente riempiva tutti i contenitori disponibili per distribuirla nei vari piani a seconda del bisogno. Quando per diversi giorni di seguito è mancata, non ha esitato di andarla a prendere a una decina di kilometri dalla città, esponendosi ai non pochi pericoli, disseminati lungo il tragitto di andata e ritorno.
Il decesso di don Paoloni in quelle tragiche circostanze, mette in luce pure una serie di fatti ed episodi che ci fanno credere alla forza della fede e della carità, in un contorno e un fondo di bontà che non si improvvisa. La grande stampa non se ne preoccupa, attenta come è in generale quasi solo ai fatti di cronaca nera. A Dio non sfuggono, e non sfuggono alle persone sensate e riflessive.
La scomparsa di don Paoloni ebbe una risonanza e un rimpianto vasto e sentito. Molti hanno pianto come per la scomparsa di un familiare.
Stampa, radio e TV italiane se ne occuparono per otto giorni. Vicinissimo, affettuosamente, abbiamo sentito il santo Padre Paolo VI, che fece giungere un suo telegramma di condoglianze.”
CI HANNO SCRITTO